Asiatica Film Mediale – A fallible girl

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Proseguono gli “Incontri con il cinema asiatico” – giunto ormai alla XIV edizione – presso La Pelanda, l’ex Mattatoio di Testaccio. Il 14 ottobre è stato possibile assistere alla proiezione di A Fallible Girl, la nuova opera cinematografia di Conrad Clark. Dopo la prova di Soul Carriage, vincitore del premio come migliore film asiatico nel 2007, l’autore si è trasferito a Dubai, dove ha ambientato questa sua seconda creazione.

A Fallible Girl di Conrad Clark, (Dubai – United Arab Emirates) 104’.

Soggetto e Sceneggiatura: Conrad Clark.

Produttori: Wendy Kuan, Zhu Yan.

Lingua: Cinese – inglese.

Cast: Sang Juan, Lu Huang.

 

«La storia è tutta tra una donna e un posto, il posto in cui lei deve combattere e provare a vincere» – spiega l’autore in sala – ed è proprio così che si apre il film: un primo piano quasi sovrapposto della giovane Lifei, la bella protagonista cinese, con la spiaggia di Dubai. Si possono scorgere enormi grattacieli all’orizzonte e intanto confondere lo sguardo con l’intersecarsi di vicoli, strade e persone…migliaia di persone. I colori sono opachi, quasi che l’umido e il calore del luogo attraversino la macchina da presa fino a pervenire allo spettatore offuscando i contorni delle immagini. Nessun effetto riesce però a sbiadire la bellezza di Lifei, il suo incarnato chiaro, i grossi occhi a mandorla, i lunghi capelli scuri. Quella che Clark intende raccontarci è la storia di una donna cinese che gestisce una fattoria con decine di lavoratori pakistani alle sue dipendenze, che cerca di far quadrare il bilancio, favorire gli investimenti e far rigare dritto Yaya, l’amica con cui vive e che ha investito con lei nella serra di funghi che ora Lifei intende estendere, esportandone il commercio in alcune zone economicamente più floride tra Dubai e Abu Dhabi.

La recessione globale, tuttavia, mette a serio rischio i frutti dell’attività, e non solo. Clark segue con uno sguardo esterno (ma non proprio, dato anche il suo lungo soggiorno a Dubai egli ultimi anni, l’espansione del mercato cinese negli Emirates, senza mai perdere di vista, però, che le protagoniste sono due donne. Ecco, allora, che la crisi lavorativa diviene crisi personale quando Lifei, avendo investito non solo tutto ciò che possiede, ma principalmente se stessa, nelle aspettative che ha sulla fattoria, prende le distanze dai legami affettivi di cui all’inizio sembra circondata.

E’ certamente questa una delle ragioni del “fallimento”. Nei primi minuti della pellicola troviamo Lifei tra le braccia del suo ragazzo prima, e sorridere al mare con l’amica Yaya poi. Quando decide di buttarsi a capofitto tra investitori, fornitori, mercato e produzione, la terra sotto i piedi comincia, però, a crollarle, e sarà infine proprio la crisi familiare a mettere fine al suo progetto imprenditoriale.

Non importa più, allora, che il mondo di cui parliamo sia quello asiatico, che i nomi che ascoltiamo siano Mohammed, Assaf, Abdul, Islam, Yaya, Lifei: ci ritroviamo catapultati in Occidente, tra le donne per le quali costrette a una scelta tra vita familiare e professionale. Parliamo della Cina, invece, del mondo asiatico. E Clark ce lo fa avvertire in ogni scena, ogni inquadratura. E’un film per chi vuole avvicinarsi, smettere di guardare all’Asia da lontano e sentire davvero quanto siano simili le nostre vite. Quanto siano imperfette, le nostre vite.

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Redazione

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