Arcipelago Film Festival 2013

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All’Arcipelago Film Festival, tenutosi la scorsa settimana a Roma presso la Casa del Cinema e il Teatro Ambra, sono stati presentati vari corti internazionali, tra cui The DevilMen of the Earth e Il Conte.

The Devil, Jean-Gabriel Périot, Francia 2012, doc., 7’,

Produttore: Nicolas Breviere

Musiche: Boogers

Montaggio: J. Périot

Suono Xavier Thibault

 

Men of the Earth, Andrew Kavanagh, Australia 2012, fiction, 9’ 49”,

Soggetto e Sceneggiatura: Andrew Kavanagh

Produttore: Ramona Telecican

 

 

Il Conte, di Adel Oberto, Regno Unito/Italia 2012, fiction, 23’,

Soggetto e Sceneggiatura: Michele Cadei e Andrew Stylianou

Fotografia: Ben Hecking

Montaggio: Rodrigo Saquel

Musiche di Gautier Galard, 

The Devil è un cortometraggio che manifesta un’idea precisa e un intento rivoluzionario.  Condensa il flusso della storia che emana dalle sue immagini con una forma che a sua volta rifiuta i canoni estetici del cinema Occidentale, raggiungendo una costituzione  autonoma con un valore proprio. Sulla scia del manifesto di Getino e Solinas, poi espresso nel film Las Horas de las furnaces, Il regista J. Périot  conduce lo spettatore in uno dei più grandi movimenti di liberazione Afro-Americana condotto dalle Black Panthers. Un’opera che segue la dialettica della forma cinematografica descritta da Ejzenstejn, ponendo il conflitto quale elemento qualificante della settima arte. Come afferma Ejzentejn l’arte è in perenne conflitto per la sua missione sociale: perché il fine dell’arte è quello di rivelare le contraddizione dell’Essere.

Il lavoro è sempre stato un tema centrale all’interno del cinema. La rappresentazione dell’animal laborans in contrapposizione all’homo faber, di arendtiana memoria, è servita a molti autori neo-realisti  come ad(esempio Loach nel film Riff-Raff) per spolverare e illuminare la condizione umana . Il regista A. Kavanagh mostra di sapersi inserire brillantemente in questa corrente, partendo dal realismo e risalendo, attraverso il rito cui partecipano gli operai, a un cinema mistico e surreale. Il corpo morto dell’operaio, che giace in una fossa tellurica, diventa il Corpo Sociale della classe operaia; il volto consumato e le mani irruvidite del cadavere e dei suoi colleghi mostrano il modo in cui il lavoro fisico affetta i nostri corpi e le nostre menti. Attraverso la celebrazione e il canto, gli operai superano l’alienazione a cui l’homo faber è sottoposto nei confronti del suo prodotto e creano l’anelito che forgia la coscienza della classe operaia tanto cara ad Engels.

La coproduzione con la National Film and Television School, ente di eccellenza nella formazione cinematografica anglosassone, presenta un cortometraggio in costume, la cui ottima qualità di produzione non è però sorretta da un altrettanto eccellente apparato narrativo. Nel complesso, tuttavia, un buon film, ambientato durante la resistenza partigiana italiana e che vede giganteggiare un gruppo di fascisti che si recano a far visita al conte nella sua villa. Il riferimento scenografico a Salò di Pasolini emerge nella struttura della lussuosa villa, nel salotto dove il Conte suona il pianoforte, così come nelle narratrici nel salone della Repubblica Sociale di Salò. Le analogie e gli omaggi al film i Pasolini Salò sono dissipati in tutto il tessuto filmico, nonostante la differente collocazione semantica: la figura del Conte rassomiglia a quella del Duca nella villa di Salò, il quale rappresenta nella pellicola del 1976, uno dei quattro poteri temporali, insieme al potere giuridico, quello ecclesiastico ed economico. Anche la carrellata lungo il salone appare come una scena omaggio a Salò, per quanto manchi qualunque somiglianza con la metafora del potere e del modo in cui trasforma i corpi e le coscienze. In generale, uno spaccato originale ed intrigante della metastasi che divise il nostro paese.

 

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