Compagnia N.O.S. , Davide Strava| Edith – Il passerotto di Francia

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scritto e diretto da Davide Strava
con Sarah Biacchi
al pianoforte Ivano Guagnelli
coordinamento musicale a cura di Lino Patruno
costumi Silvana Galota
produzione N.O.S. – Nuovo Orizzonte Spettacolo/Progetto U.R.T.
 
27 novembre 2014, Teatro Argot Studio

L’intima e accogliente realtà del Teatro Argot Studio, che compie trenta anni di attività, ha ospitato dal 25 al 30 novembre Edith – il passerotto di Francia, spettacolo teatral-musicale scritto e diretto da Davide Strava, con Sarah Biacchi nel ruolo di Edith Giovanna Gassion, il “passerotto” di Francia, ed Ivano Guagnelli al pianoforte.

Una sedia a dondolo, qualche bicchiere, un pianoforte bastano a ricreare una stanza fatta di ricordi, di immagini potenti e fragili che la straordinaria interprete Sarah Biacchi, nel suo soliloquio cantato, ci porta a vivere. Assaggiamo con lei il sapore maledetto dell’alcool, vizio che l’ha accompagnata per la vita intera; ci incurviamo assieme a lei per i dolori fisici che l’hanno stancata e seviziata; sorridiamo amaramente ad alcuni dei suoi racconti, portati a noi con il distacco ironico di chi molto ha sofferto. Del resto, se c’è una cosa che si può affermare senza ombra di dubbio su Edith Piaf, è il fatto che abbia vissuto la vita pienamente, al ritmo di una chanson insieme poetica e travolgente, senza il timore di provare, di perdere, di abbattersi sconfitta per poi rialzarsi, con l’incedere di un’inferma fragile, con la potenza di una voce struggente ed ammaliante che evoca un mondo interiore al quale noi spettatori, come intervistatori dalle domande insolenti, non possiamo sottrarci.

Sarah Biacchi/Edith si racconta senza censure dei suoi amori, senza curarsi dell’essere riservata, del frenarsi davanti alle dimostrazioni di profondo dolore. Ivano Guagnelli è costantemente al suo fianco: dialogando con lei utilizzando la tastiera del pianoforte, la accompagna e crea per lei l’atmosfera dei ricordi, la biasima per il suo abuso di alcool, la culla, tranquillizzandola, dando melodia alla solitudine e tristezza. Una tristezza che la abbraccia ventiquattro ore al giorno, quando canta, quando posa per le foto che rappresentano il suo successo d’artista, mentre si addormenta. Il pianista, che ha arrangiato il tessuto sonoro, accogliendo nelle sue sfumature il lavoro dell’attrice e del regista, non smette mai di essere presente sulla scena, anche quando il pianoforte tace: il suo ruolo non è di semplice accompagnatore, è un confidente che rispetta il silenzio, che non si allontana mai, come fece Marguerite Monnot, compositrice degli innumerevoli brani interpretati dalla Piaf.

La drammaturgia, scritta dallo stesso Davide Strava, ci porta nel mondo degli amori della Piaf, coloro che l’hanno formata come artista di vita; non si può infatti scindere la vita dall’arte di Edith, poiché ella canta non solo le parole del suo sentire, ma interpreta con la voce, col corpo, con la danza delle mani tutto il suo vissuto emotivo. Per questo motivo l’inserimento di alcune delle canzoni più famose della Piaf nella regia, affidate all’arrangiamento di Ivano Guagnelli e all’interpretazione della stessa Sarah Biacchi che ce le restituisce con sensibilità e potenza, non risulta forzato, ma organico; loro, del resto, hanno pieno diritto di parlarci di Edith, perché sono il frutto di parole e musica scritte sulla sagoma della sua anima.

 

La voce, la musica, le parole del testo scandiscono lo spettacolo lasciando l’impressione di assistere ad una vita costellata di avventure, piena di momenti significativi, perché vissuti con totalità e non col contagocce. Ci vengono restituiti i momenti d’affetto con la prostituta Titine che le fece da madre, quelli col padre contorsionista che per racimolare qualche spicciolo la spinse a cantare in strada, avvicinandola così al suo destino per pura necessità di sopravvivenza; l’incontro con Raymond Asso, paroliere francese, che con la sua determinazione rese Edith il passerotto di Francia, senza permetterle di arrendersi. Infine il profondo amore che provò per Marcel Cerdan, pugile francese che perse la vita in un incidente aereo avvenuto improvvisamente, mentre tornava da lei, fatalità che insinuò in Edith la colpa straziante di averne causato la morte. Il pubblico, disposto attorno a questa stanza di ricordi, circonda l’intimità del racconto, spia questa cruda dolcezza, ma esce con la sensazione di essere stato avvolto da una coperta di emozioni irripetibili.

Il lavoro puntuale, preciso di Sarah Biacchi, in costante dialogo col pianoforte di Ivano Guagnelli, entrambi diretti magistralmente dal giovane regista Davide Strava, ci rapisce e non risponde banalmente alle curiosità di chi vuole solo qualche futile pettegolezzo su un personaggio così famoso dello scorso secolo, anzi ci stravolge, ci fa desiderare anche per un solo secondo di conoscere personalmente una donna dalla simile forza e intensità che per un puro caso, uno scherzo del destino, è arrivata all’orecchio e al cuore di così tante vite.

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Autore

Ludovica Avetrani

attrice, danzatrice, curiosa. caporedattrice delle sezioni di teatro e danza. odia le maiuscole.

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