Conversazioni | Enrico Astolfi

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Conversazione con Enrico Astolfi, autore di Casilina. Ultima fermata.

Enrico Astolfi 1 web

Ciao Enrico, intanto ti ringrazio per aver deciso di dedicare a Nucleo un po’ del tuo tempo. Vorrei chiederti per prima cosa di raccontarci un po’ di te, dei tuoi studi, del tuo percorso.

Mi sono laureato come tecnico della comunicazione audiovisiva e multimediale presso l’Università di lettere di Ferrara, per poi arrangiarmi lavorando come fattorino, operaio, lavapiatti, facchino e in produzioni cinematografiche sia come runner sia come aiuto attrezzista per la scenografia. Dal 2008 al 15 Gennaio 2014 ho prestato servizio in una cooperativa come operatore sociale in un centro di accoglienza per minori stranieri non accompagnati. Ora sono un neo-disoccupato.

Nel tempo libero, gioco a calcio, alleno i portieri di una fortissima squadra di calcetto composta da bambini provenienti da campi rom o occupazioni, e quelli dell’Atletico San Lorenzo, compagine militante in terza categoria, società totalmente finanziata dalle varie realtà del quartiere e dai propri soci. Sono un appassionato degli sport da combattimento, mi alleno nelle MMA.
Leggo parecchio. Non ho un genere preferito anche se ho un debole per la letteratura latino-americana, per autori come Osvaldo Soriano, Mario Benedetti, Julio Cortazar, Galeano, Bolano, Paco Ignacio Taibo II e molti altri. Diciamo che passo molto tempo immerso nelle storie altrui.

Quand’è che hai iniziato l’attività di scrittore, e che posto occupa oggi la scrittura nella tua vita? E’ una passione, un hobby o la vedi come professione?

Ho sempre lavorato in altri settori, non ho mai guadagnato molto con la scrittura.  Sinceramente, anche adesso, non riesco a concepirla come unica attività della mia vita. Certo mi piacerebbe riuscire a mantenermi con i romanzi e le sceneggiature, ma, sinceramente, rimane un sogno, un’illusione, forse un miraggio. Scrivere è una passione, mi rilassa, mi diverte e non ci pago l’affitto. Che a Roma è pure caro.

Più in generale come vedi l’attività di scrittore oggi in Italia?

Non conosco molti autori che riescono a campare solo di scrittura. Quelli che hanno questo privilegio sono, a volte, schiacciati da esigenze editoriali che li annientano. Si entra così in un contesto più commerciale che artistico, una dimensione che io non conosco. In Italia ci sono case editrici, di piccole e medie dimensioni, che propongono opere non commerciali di ottimo livello. C’è un mondo di professionisti che opera nell’editoria “minore” che ha voglia di fare, che pubblica storie ed autori interessanti e c’è anche un gran numero di librai coraggiosi che le supportano e le tengono in vita. Penso che la curiosità del lettore, che la voglia di scoprire qualcosa di diverso, di vivo sia l’alternativa alla commercializzazione della cultura.

Casilina. Ultima fermata è la tua quarta pubblicazione, la prima con l’editore romano Ponte Sisto. Se non sbaglio il tuo romanzo è andato in ristampa già dopo poche settimane. Immagino sia una bella soddisfazione.
Com’ è lavorare con una piccola casa editrice indipendente, anche a livello di distribuzione e promozione?

Considero Casilina. Ultima fermata il mio romanzo d’esordio.
“Palude” è una raccolta di racconti,  “Eri tutto lungo” e “La ballata del Tocororo” sono lavori che ho condiviso con altri autori. In pochi mesi la prima stampa è andata esaurita. Un ottimo risultato per un esordiente. Inoltre pare che l’ingranaggio stia ancora girando e che il libro continui a destare interesse. Potrebbe essere ristampato per la seconda volta. Siamo sul migliaio di copie vendute. Certo, sono molto soddisfatto. Sono felice che la storia che ho raccontato stia piacendo, a volte mi arrivano messaggi di amici insonni che mi maledicono perché non riescono a staccarsi dalle pagine. Per me è questa la gratificazione maggiore, da un senso a quello che ho fatto ed è uno stimolo per continuare. La casa editrice, fino alla prima ristampa, mi ha lasciato in totale solitudine. Ho pensato io all’organizzazione delle presentazioni, alle iniziative e gestito tutto quello che si è venuto a creare intorno al romanzo. Da Febbraio, visto il risultato ottenuto, è stato attivato un ufficio stampa che, adesso, mi sta aiutando parecchio. Ne approfitto per ringraziare Valentina Masilli per il suo lavoro.

E ora passiamo al romanzo, un noir metropolitano direi che è una definizione che calza a pennello. La prima cosa che mi ha colpito è quella che, a parer mio, emerge come la grande protagonista del libro: Roma, il quartiere Pigneto in particolare. In primis dal titolo, ma poi anche nello svolgimento delle vicende dei personaggi, direi che è qualcosa di più di uno sfondo, come se due storie del genere non sarebbero potute capitare che a Roma, o sbaglio? 

Non condivido pienamente questa visione. Nel romanzo si parla di un quartiere con determinate problematiche come la gentrificazione, microcriminalità, disservizi, degrado. Tematiche comuni ad altri contesti metropolitani e quindi riproponibili. Mi spiego meglio. Le vicende sono portate avanti da personaggi tipicamente romani che agiscono in un contesto specifico, ossia il Pigneto. Penso però che l’umanità, la vita e la forza che viene fuori dalle loro vicissitudini sia più di ampio respiro e assolutamente riconoscibile in altri contesti metropolitani. Non parlo solo di Roma nel libro, ma di lotta, di resistenza, di violenza e “storie del genere” non hanno una collocazione precisa possono capitare ovunque.

Tu però non sei romano, per cui ti chiedo, come mai hai scelto proprio Roma e in particolare questo quartiere, per il tuo romanzo?

Da lettore appassionato di autori come Charles Willeford, Chester Himes, James Ellroy, Chandler, ho la necessità di raccontare ciò che vedo, sento, vivo. Il noir è un genere, che nelle sue svariate forme, ha la forza di descrivere quartieri disagiati, ambienti poco frequentati, personaggi balordi. Ho scelto Roma perché i fatti della vita m’hanno portato in questa città ed in questo quartiere. Tecnicamente ho costruito Casilina. Ultima fermata, passeggiando, vivendo la strada, lavorando, prendendo i trasporti pubblici, fermandomi nei bar, facendo nottate nei locali, conoscendo i personaggi più svariati.
A molti romani è piaciuta questa frase: “Sai qual è la verità? La verità è che non è cambiato niente. Tutti a dire questo è peggio, che una volta era meglio, che le cose funzionavano. Che si stava meglio quando si stava peggio. Non è vero. Credimi. Questa città è sempre uguale e sarà sempre uguale, e sai perché? Perché non sono i romani che fanno Roma.  È Roma a fare i romani. E ti posso dire una cosa: Roma i romani li tiene per le palle”
La stessa cosa è successa anche a me. Vivere la città mi ha aiutato a costruire personaggi, dialoghi, situazioni. Questa storia parte ovviamente dalla mia esperienza, ma quando si decide di raccontare qualcosa si arriva ad un punto dove la realtà si fonde con la fantasia.

Passiamo ora ai due protagonisti in carne e ossa: Franco David, detto il Grigio e Roy Van Persie, due figure antitetiche che sembrano controbilanciarsi nel corso di tutto il libro. Ci vuoi parlare un po’ di loro?

Sia Roy che Franco sono due personaggi reali.
Franco, il Grigio, è un delinquente di borgata che, appena uscito di galera per aver massacrato di botte una cassiera durante una rapina, cerca una nuova identità, di ricostruirsi una vita. Una volta fuori, però, trova il suo quartiere, la sua dimensione familiare, il suo quotidiano completamente stravolti e viene inghiottito in una dimensione parallela. Inevitabilmente deve costruirsi una nuova identità, darsi obbiettivi, e combattere.
Si muove tra realtà ed irrealtà, visioni pseudo religiose, ricordi, allucinazioni, sino al finale, sino al gesto estremo. Che ovviamente non racconto.
La storia di Roy invece è più dolce, più rassicurante e mi è servita per bilanciare, o forse per rimediare, all’esistenza di Franco. Infatti, all’inizio, quando raccolsi la storia del Grigio, iniziai a scrivere solo di lui, era l’unico protagonista. Mi addentrai nella sua follia con troppa disinvoltura e, inevitabilmente, rimasi intrappolato.
Per mesi non scrissi nulla, finché non incontrai il vero Roy Van Persie e come per magia mi sbloccai. Lui divenne il pretesto, la chiave di svolta.
Così lo gettai nelle pagine del romanzo e riuscii a terminare il lavoro in pochi mesi.
Roy Van Persie è un olandese innamorato dell’Italia, che ogni anno utilizza le due settimane di ferie per aiutare associazioni di volontariato che recuperano cani randagi. Ogni estate una città diversa, una nuova missione. Sotto al sole dei primi giorni di Agosto carica il suo furgone, lo riempie di materiale, poi si mette comodo e parte. Cosa gli succederà a Roma? Ovviamente, anche questo, non lo voglio svelare.

Anche se ammetto che personalmente il personaggio che ho preferito è stata la figura di Sinibaldo.

Sinibaldo abita dietro all’Init, se vuoi conoscerlo ti porto a fare un giretto da quelle parti. Il suo camper, la maglietta di Pruzzo ed il cagnolino, se è il personaggio che hai preferito, sarà bello vederlo dal vivo.

Ho trovato molto interessante anche il booktrailer del romanzo, che rispecchia in pieno l’atmosfera del libro. Tu che ruolo hai avuto nella sua realizzazione?

Vincenzo Rosa e Lyda Patitucci hanno girato in totale libertà il booktrailer. Hanno elaborato in maniera autonoma l’idea, hanno organizzato le riprese e l’hanno montato. Appeno l’ho visto son rimasto estremamente colpito dalla capacità di ricreare l’atmosfera del romanzo e dalle loro capacità registiche. Sono stati veramente bravi e professionali.

Vedere questo video ti ha fatto pensare a una possibile trasposizione del tuo romanzo sul grande schermo?

Anche grazie al lavoro di Vincenzo e Lyda ho avuto un paio di contatti da produttori cinematografici per la trasposizione di Casilina. Ultima fermata. Non ho ancora firmato nulla, i tempi sono lunghi, io non sono un autore conosciuto e quindi è tutto più difficile e lento. Come ho detto prima ora son senza lavoro e sto approfittando di questo periodo per scrivere la sceneggiatura. Franco e Roy, sul grande schermo, che si sfiorano e combattono la loro battaglia. E’ un sogno e ci spero.

Ti ringrazio per l’intervista e vorrei chiederti, come ultima cosa, se c’è già in cantiere il prossimo romanzo.

Sì sto anche lavorando ad un romanzo nuovo, ho già scritto parecchie pagine. Mi sta piacendo e divertendo moltissimo. Sempre storia romana, gran ritmo, personaggi spassosi e molti colpi di scena. Il tema principale è il pregiudizio, la domanda ricorrente “ fino a che punto ti spingeresti per avere potere?” .

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Autore

Marta Salvatori

Sempre in giro tra Roma e Parigi, mi sono laureata in filosofia all'università La Sapienza. Gestisco la comunicazione e i social network per una startup francese, ma senza dimenticare le mie passioni per i libri, il web e i viaggi.

3 commenti

  1. Avatar

    Ho letto l’intervista e mi sono incuriosita…ho comprato il libro (sul sito IBIS si trova anche scontato)…
    non riesco a staccarmi dalle pagine. Ti sembra di passeggiare per le strade del Pigneto ( anche se come me non le conosci tanto) e mi sono appassionata ai personaggi…molta suspance…SICURAMENTE LO CONSIGLIO!!!

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