cronofobia-satira e sarcasmo

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cronofobia-satira e sarcasmo

satira_e_sarcasmoBand: Cronofobia

Album: Satira e sarcasmo

Anno: 2015

 

Il 2015 si è chiuso ormai da quasi un mese, ma ci ha regalato perle nostrane composte da sonorità graffianti e ironiche, crude nel loro modo di arrivare dirette all’orecchio di chi ascolta. I Cronofobia fanno decisamente parte di questo contesto musicale, e con il loro Satira e sarcasmo mirano decisamente al nucleo della questione, ovvero quello di far viaggiare il proprio pubblico attraverso un’esplosione melodica che dal primo all’ultimo brano accompagna l’ascolto, nutrito da testi accattivanti e prepotenti.

La storia di chi va per mare – di cui è stato girato anche il video da Stefano Bertelli – è il brano che apre al viaggio, un ritmo incalzante che culla chi ascolta, un’atmosfera perfetta che porta alla mente l’immagine di chi coraggiosamente si mette in mare pronto ad affrontare qualsiasi cosa il destino possa riservargli, Comunque vada – che, guarda caso, è il secondo brano dell’album. West è la terza traccia, potente nei suoi riverberi, Eddy Marcon si appropria degli echi stridenti e delle armonie sonore per farle proprie attraverso la voce. Dopo una sospensione provocata dal brano Pazienza, entriamo nel trascinante turbinio ritmico ed ipnotico di basso e batteria del quinto pezzo, Le miniere di Putunni; la sonorità è accattivante e trascinante, lo stampo grunge della band è decisamente aperto a contaminazioni di diverso stile. Falò di canzoni è il pezzo che strega e rapisce completamente, e cadendo quasi al centro del disco ne divide l’essenza, come se fosse la conclusione di un primo aspetto affrontato dalla band. E si riparte con Quando puoi, che sembra un monito, un racconto sfumato che porta alla mente una figura che ammonisce sulle azioni rimandante, dall’esito incerto perché mai affrontato in pieno. Nuoto è sostenuta dal giro del basso di Fausto Coccoli, che nel susseguirsi delle tracce le firma con un suono inconfondibile, incapace da tralasciare. Piacere Ninfa è una ballata inusuale e sensuale, la batteria – Michele Saleri – crea la sospensione dell’attesa erotica che permea l’atmosfera del brano, rendendo evocativo l’incontro con una donna innalzata allo status di ninfa ammaliante. La malinconica Caffè delle tre ci porta verso la conclusione: un voce a tratti profonda, a tratti amplificata nella ricerca di un eco che risuona in un vuoto silenzioso e freddo, realizzato dal giro di chitarra dello stesso cantante. Memorie ha un testo parlato: la sua conclusione è stata annunciata dalle armonie del pezzo precedente, anche se non gli appartiene la sola vena malinconica, piuttosto quella amara unita ad un senso ironico dovuto alla sospensione del non sapere. Il suono della batteria crea piccoli tarli nella testa, navigando nel riff di chitarra, mentre il basso dà un continuum sonoro, come fosse un ronzio che non stanca mai di ripetersi nella mente.

cronofobia

Le melodiche mai banali e scontate, il senso di leggerezza coscienziosa che si libra nell’ascolto del disco, unito alla profonda attenzione dei componenti verso la creazione di un prodotto che possa raccontare qualcosa, rende il lavoro valido e profondo.

Il trio bresciano dimostra una matrice solida che gli permette di maturare il proprio stile, che non è definibile per genere ma è aperto al continuo cambiamento, pronto ad incontrarsi e a mettersi in discussione, nonostante tutto. Perché la musica è prima di tutto un luogo di scambio e creazione che riflette le complesse realtà che ci circondano.

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Autore

Ludovica Avetrani

attrice, danzatrice, curiosa. caporedattrice delle sezioni di teatro e danza. odia le maiuscole.

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