Spanò/Brinchi | Aminta – S’ei piace ei lice

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regia, scene, luci e video Luca Brinchi, Daniele Spanò

drammaturgia e analisi filologica e autorale Erica Z.Galli e Martina Ruggeri(Industria Indipendente)

performer Davide Pioggia

musiche Franz Rosati

costumi Gucci

in video Lorenzo Anzuini, Clelia Scarpellini

voci Micheal Schermi, Francesco Bonomo, Giorgia Visani, Michele Degirolamo, Flaminia Cuzzoli

produzione Teatro di Roma-Teatro Nazionale, in collaborazione con Spellbound

 

27 gennaio, Teatro India, Roma

 

Al Teatro India è andato in scena dal 12 al 29 gennaio Aminta-S’ei piace ei lice, per la regia di Daniele Spanò e Luca Brinchi.

L’opera di Torquato Tasso si inserisce nel filone cinquecentesco del dramma pastorale ed è un elogio dell’età dell’oro, quando l’uomo in un tempo mitico viveva a contatto con la natura libero dalle leggi costruite dalla civiltà umana. La vicenda è ambientata in un’Arcadia ideale e narra del pastore Aminta innamorato della ninfa Silvia che lo rifiuta. Attraverso una serie di accadimenti e colpi di scena – tra cui figura anche un fauno attentatore alla verginità della ninfa – i due giovani finiranno con l’amarsi reciprocamente.

Nella messa in scena di Daniele Spanò e Luca Brinchi il mondo naturale, che rappresenta una condizione utopica di libertà, è catturato e reso immagine da sofisticate ed eleganti videoproiezioni attive su più livelli e superfici. Anche i due giovani protagonisti sono videoproiettati e appaiono inizialmente su pannelli centrali che sembrano finestre affacciate su un mitico altrove. Entrambi molto belli, la loro immagine ricorda nei modi e nelle vesti uno shooting fotografico di alta moda. Aminta viene incitato all’amore dall’amico Tirsi che è rappresentato da un megafono parlante, così come Silvia è incoraggiata ad abbandonarsi alla passione dall’amica Dafne, anch’essa interpretata da un megafono. Ne esce fuori un quadro molto suggestivo: l’estetica da fashion magazine dei giovani e la voce gracchiante degli altoparlanti che recitano le magnifiche parole cinquecentesche del Tasso creano una sinergia straniante capace di formare nuovi significati in chi guarda. Molto forte anche l’impatto del prologo iniziale: su tre pannelli posti in alto, mossi come nuvole o vele al vento da getti d’aria, appaiono le bocche di tre attori che recitano con ritmo sostenuto l’incipit dell’opera. Esortano a vivere i piaceri della vita prima che il giorno finisca, perché la notte è lunga… “s’ei piace ei lice”, se piace è lecito, dicono. La stessa frase, che è emblematico sottotitolo dello spettacolo, la vediamo tatuata dal vivo sul dito indice dello stesso Daniele Spanò nei primi minuti della performance. L’unica altra presenza fisica in scena è quella del satiro, interpretato da un vero culturista. Egli passa in scena più di dieci minuti in silenzio a spalmarsi una crema bronzea sul corpo e a prodigarsi in mosse che mostrano la sua ipertrofica muscolatura, mentre le immagini video mostrano Silvia legata a un albero come una preda in trappola. La figura del fauno a cui è dedicata grande attenzione, sembra incarnare alla perfezione la brama di desiderio che sottende a tutto lo spettacolo. La musica elettronica che si inserisce come ulteriore elemento alla composizione contribuisce a restituire un’atmosfera cupa e rarefatta. Le immagini che si susseguono sulle diverse superfici di proiezione, restituiscono scenari di laghi, boschi e campagne. Sebbene l’architettura della performance sia molto raffinata e a tratti sorprendente per le soluzioni trovate, nell’insieme si ha l’impressione che prevalga un’estetica un po’ patinata da set di moda, che limita la riuscita della sperimentazione e va a discapito dell’efficacia del nucleo tematico dell’opera.

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