Festival Equilibrio 2014: Eastman/Sidi Larbi Cherkaoui/Yabin Dance Studio, 生长 Genesis

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Apre le danze della X edizione dell’attesissimo festival Equilibrio 生长 Genesis, spettacolo risultato della fusione dell’espressione del coreografo e danzatore belga – nonché direttore artistico del festival stesso – Sidi Larbi Cherkaoui e la danzatrice e coreografa cinese Yabin Wang.

Ideazione: Yabin Wang
Coreografia:
Sidi Larbi Cherkaoui
Assistente alla coreografia:
Satoshi Kudo
Con: Yabin Wang, Qing Wang, Fang Yin, Chao Li, Elias Lazaridis, Johnny Lloyd, Kazutomi Kozuki
Musica composta da:
Olga Wojciechowska
Altre musiche:
Kaspy Kukosa Kuyubuka, Johnny Lloyd, Sidi Larbi Cherkaoui, Manjunath ‘Manju’ B Chandramouli
Live music:
Barbara ‘Basia’ Drazkowska, Manjunath ‘Manju’ B Chandramouli, Kaspy Kukosa Kuyubuka, Johnny Lloyd, Kazutomi ‘Tsuki’ Kozuki 

Lunedì 3 e martedì 4 febbraio 2014, h 21.00

Auditorium Parco della Musica, sala Petrassi, Roma

Vai al programma Festival Equilibrio

Con la prima italiana di Genesis, il coreografo belga Sidi Larbi Cherkaoui, dopo TeZuka presentato due anni fa sempre al Festival Equilibrio, continua sulla strada tracciata dal suo interesse verso il mondo orientale e questa volta lo esplora con al fianco la superba Yabin Wang. Direttamente dalla capitale cinese è nota ai più per la sua strabiliante danza dei tamburi nel film “La foresta dei pugnali volanti” di Zhang Yimou, ma in scena sul palco della sala Petrassi, la danzatrice e coreografa di Pechino regala molto di più. Non manca qualche chiara evocazione alla cultura millenaria cinese come il tradizionale vestito con maniche lunghissime, qualche vanagloriosa contorsione da ginnasta e giochi con i suoi capelli chilometrici. 

L’esito è uno spettacolo frutto di commistione, collaborazione e dialogo tra diverse lingue e linguaggi, diverse culture e diversi background: il valore aggiunto è che la ricchezza delle diversità, insieme, creano una prodotto nuovo.

Sul palcoscenico tre musicisti, ognuno contenuto, insieme al proprio strumento, in una grande teca di  plexiglass trasparente, come oggetti preziosi da preservare: il dolce, classico, intramontabile pianoforte a coda insieme alle trascinanti percussioni e alle avvolgenti voci di terre remote, ora più tribali ora più evocative, creano la colonna sonora sulla quale i sette interpreti si esibiscono in toccanti sequenze danzate e bellissimi giochi sulle curiose ripartizioni musicali.

La scenografia è funzionale e per nulla pesante, nonostante le dimensioni mastodontiche dei parallelepipedi di plexiglass trasparente, che scivolano su ruote per andare a comporre labirinti, forme, corridoi nei quali sfilano gli interpreti vestiti con camici e mascherine da sala operatoria, a rappresentazione delle malattie della nostra epoca e della contaminazione nel senso più lato.

Al di là di qualche gioco visivo di facile fruizione – come ad esempio l’uso delle sfere di cristallo, che, se è vero che ipnotizzano, sono poco incisive a livello di racconto emotivo – il messaggio in primo piano è la ricchezza dell’identità culturale dell’essere umano come patrimonio comune, ed è racchiuso perfettamente nell’ ideogramma shengzhang, che ha il significato di crescere, svilupparsi, diventare adulto, e porta con sé un senso di sviluppo, di progresso e di movimento in avanti. Da qui l’inizio, la creazione, il senso circolare delle dinamiche della vita, che si riscontrano anche nelle dinamiche coreografiche e altro non sono che un invito a mescolarsi con l’altro da sé. Da questo punto di vista lavoro è estremamente interessante.

 

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Autore

Audrey Quinto

Mi diletto a tradurre in parole quello che trovo emozionante quando assisto ad uno spettacolo di danza

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