Frida Kahlo

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Kahlo
 
Artista: Frida Kahlo, all’anagrafe Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderón
a cura di Helga Prignitz-Poda
fino al 31 agosto 2014
Luogo: Scuderie del Quirinale, via XXIV maggio 16
 
 

La prima volta di Frida Kahlo a Roma. Nonostante questo, qualsiasi mostra dell’artista messicana non può prescindere dal fatto che, visti o no, ci siano stati parecchi documentari e due film che hanno raccontato la sua vita. L’ultimo con quell’attrice candidata all’Oscar, che alcune fonti fatte di LSD e a cui mi piace credere, definiscono gnocca somigliante. Questo non toglie niente alle mostre, anzi aggiunge elementi di cui si può tenere conto o meno perché i paesaggi, il milieu artistico, i colori del giorno, alcuni fatti politici e di costume, sono proprio quelli sceneggiati dalla cinematografia. Alzate la mano e mandatemi una mail quando il discorso non vi convince e avrete esercitato il vostro diritto-dovere di replica ma sappiate che, parimenti, possiedo il diritto-dovere di ignorare la cosa completamente e non rispondervi.

FRIDA2«Una gran donna non una gran pittrice» afferma la guida turistica al crocchio di liceali al quale mi sono affezionato per carpire nozioni e gossip da riportarvi. «Condensa elementi ad alto valore simbolico per creare un’atmosfera di senso più ampia». Recupera la tradizione iconografica del cinquecento italiano nell’uso di cornici tonde in masonite[1], mescolando arance, farfalle della tradizione messicana e figurazioni alla Gaugain. «Dipinge ritratti alienati dal contesto come insegna la tradizione tedesca». Moltissime le paternità stilistiche. Il futurismo ristruttura un paesaggio urbano del 1925: desolazioni alla Sironi leggermente più solari. C’è un alito di De Chirico in Pancho Villa e Adelita e il parallelo tra Autoritratto con treccia e Il sognatore poetico del pittore italo-greco è (es)posto in mostra, così come molti quadri del due volte marito Diego Rivera. «Caratteristica peculiare della sua arte è la dicotomia espressiva» e nell’uso quasi ossessivo dell’autoritratto e del ritratto (in cui rappresenta se stessa attraverso persone, uomini o donne, che le somiglino) vive una condizione femminile scissa tra un modello pre-coloniale e «azteco» in un mondo in cui predomina la femminilità americana, feconda e hollywoodiana.

FRIDA3Negli anni trenta il linguaggio diventa personale, originale. Aumenta la produzione di dipinti sull’emancipazione femminile e la modernità di Frida è riscontrabile nell’uso di codici figurativi surrealistici che le aprono nuove possibilità espressive, metafisiche. I disegni a matita invece sono il suo privato diario emotivo e spirituale. Concepiti per se stessa e non per il pubblico (per il quale dipinge ad olio), raccontano la fantasia, la catarsi, l’abbandono, il desiderio, il dolore, la follia. L’indicibile insostenibilità dell’essere stata distrutta nell’amore che esplode nei bozzetti di Detroit: bisturi, lettini di ospedale e tante gocce di sangue dell’aborto subìto. Orribilmente lacerata per tutto il corso della vita, si fa guardare dentro come se dicesse: “sono bella interiormente, rivoltatemi.”

FRIDA4Una donna in rivolta che sa di saper dipingere ma, come tanti altri geni, non se ne cura e se ne frega di come dipinge. Piace cosa racconta e il linguaggio diretto che ti sbatte in faccia la sua pittura e che testimonia una voglia di affermazione senza limiti. Così ampia da farla diventare un’icona, fotografata oltre che dalla Modotti, anche da Cunningham, Alvarez Bravo, Muray (che dà l’immagine della mostra) e (per la prima volta in mostra) Matiz. Diventa una super star dell’arte, con personali a New York e a Parigi organizzate da Breton teorico e padre del surrealismo. Quasi come se oggi i concerti di Lady Gaga li aprisse Madonna, teorica e madre del pop.

FRIDA5Diceva la pittrice: “Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.

Dice il poeta: “Per sopportare gli incidenti della vita qualcosa devi pur fare (e se non sai scrivere, se non sai fotografare, cantare o suonare, allora dipingi, disegni) e se riesci a diventare una star puoi mandarli, artisticamente, a qualunque paese”.


[1] La Masonite è fabbricata con del truciolato di legno che viene disintegrato con la saturazione a vapore acqueo a 100psi di pressione, poi con ulteriore pressione a 400psi di aria si rilascia improvvisamente la pressione a pressione atmosferica. Tavoli da ping pong, skateboard e finiture per scene in teatro sono fatte in Masonite.

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Autore

Enea Tomei

Enea Tomei, poeta. Mai laureato in filosofia del diritto, scrittore, attore, fotografo, critico con se stesso e delle arti che gli piacciono. Cura la sezione musicale del Festival della scena contemporanea Teatri di Vetro, è caporedattore foto della webzine Nucleo, scrive canzoni, suona e straparla nella band folk ‘n rock PHAKE. Autodidatta in tutto, anzi DIY (anche se il diplomino dell'accademia teatrale ce l'ha), non crede nella reincarnazione ma pratica il miracolo e la telepatia. Consiglia la psicoterapia. Ha mandato tutti e tutto a quel paese per ritrovarsi al punto da cui voleva partire più di vent'anni anni fa. Contento, sì ma più vecchio...

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