Il segno della contaminazione. Il film tra critica e letteratura in Pasolini
Scritto da: Alessandro Cadoni.
Casa Editrice: Mimesis Edizioni, Milano – Udine 2015
A quarant’anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini si è ormai scritto di tutto e di più. Studiato e apprezzato dagli intellettuali di tutto il mondo, dei contenuti poetici ed estetici di Stukas (così soprannominato in ambito calcistico) si è sempre trovato spunto per numerose analisi e riflessioni.
La prima necessità del Pasolini regista era rappresentare la realtà, nuda e cruda, con un intento antropologico e politico, oltre che poetico. Nel saggio Il segno della contaminazione – Il film tra critica e letteratura in Pasolini, Alessandro Cadoni prende spunto dalle riflessioni che, in ambito letterario, il filologo Erich Auerbach enunciò nelle pagine del suo testo Mimesis, per tessere un’accurata analisi in merito alle commistioni stilistiche che hanno permesso a Pier Paolo Pasolini di definire un’idea di cinema unica e personale:
«Ma qual è nello studio di Mimesis, l’aspetto a cui, fra gli altri, Pasolini da maggiore risalto? Senza dubbio, proprio l’idea direttiva della “ mescolanza degli stili ” , spesso declinata sub specie della “contaminazione”». (Cadoni, p. 38)
L’idea direttiva dei saggi di Auerbach individuava una problematicità tragica all’interno dell’ordine quotidiano delle cose; un elemento comune di ogni suo testo analizzato: dall’Odissea, alla Divina Commedia fino alle tragedie Shakespeariane. Con il Cristianesimo si crea una breccia nella teoria classica e, con ciò, una commistione stilistica attraverso l’idea di Redenzione, che pone a pari livello individui di diverse strutture sociali. Ciò non può non comportare un’analisi, consapevole o inconsapevole, del contesto storico in cui l’autore vive e attraverso cui trascrive la realtà, creando così un legame tra se stesso e il proprio interlocutore. Cadoni passa in successione diversi autori e periodi storici, muovendosi sempre sul sentiero analitico di Auerbach e arrivando alla conclusione di come la commistione dei generi, oltre ad evidenziare lo stile di un determinato autore, ne individui anche l’intento analitico e critico della società in cui egli vive:
«La mescolanza stilistica, in definitiva, può corrispondere a un’allegoria critica del legame fra scrittore e realtà e, a un secondo stadio, di quello fra interprete, scrittore e realtà: sempre partendo dall’assunto crociano secondo cui ogni storia è storia contemporanea». (Cadoni, p. 30)
Ecco dunque che ci si sposta dal contesto letterario, a quello cinematografico: il contesto di Pasolini, che era un assiduo lettore di Auerbach e del quale cui il saggio non tralascia alcuni aneddoti interessanti. Ad esempio, si narra di un incontro tra lui e Fellini, precedente alla stesura de Le notti di Cabiria, in cui Pasolini si avvale di alcuni spunti tratti da Mimesis per descrivere i tratti del regista e dello scenario che li circondava. La commistione stilistica è evidente in Pasolini: i suoi personaggi, appartenenti agli strati più infimi della società – quel misto di papponi, prostitute e ladri –, sono sollevati in un contesto alto per mezzo di accorgimenti artistici che ribaltano totalmente il contenuto di ciò che lo schermo riproduce. A tal proposito, Cadoni non può non soffermarsi sulla soggettiva indiretta libera, attraverso cui, al pari del discorso indiretto libero in letteratura, l’autore parla e mostra servendosi della caratterizzazione dei propri personaggi:
«Ciò sta a significare che all’atto di creazione (scrittura o impressione della pellicola) corrisponde l’unione verticale di una psicologia e di una tecnica “d’autore” con la psicologia e la lingua dei personaggi (mimesi)». (Cadoni, p. 47)
Da ateo, il regista pone sempre un’atmosfera religiosa all’interno delle proprie pellicole; un accorgimento letterario, quanto pittorico e musicale, perfettamente in linea con quella concezione aristotelica di Arte, secondo cui l’esatta riproduzione veniva offerta solo attraverso l’unione di diverse componenti altrettanto artistiche. Che si tratti della citazione tratta dal Purgatorio dantesco nel prologo di Accattone, o del Matthäuspassion di Bach ne Il Vangelo secondo Matteo, l’intento autoriale consiste nel rapportare l’infimo e il sommo con un fine poetico e, soprattutto, politico. Proprio come l’ideale cristiano, l’arte pasoliniana arriva a sradicare gli stilemi neorealisti fondendoli in un magma d’idee e contenuti, dal comico al tragico, dal sacro al profano, dall’ordinario al grottesco.
Il saggio di Alessandro Cadoni si serve di numerosi spunti e citazioni per avvalorare la propria tesi, scomponendo una per una le inquadrature dei film di Pasolini, con l’intento di analizzarne la struttura stilistica. In tempi recenti, in cui l’anniversario della morte del poeta ha suscitato non poche polemiche in ambito cinematografico, un saggio del genere risulta davvero utile per ogni appassionato che voglia scoprire a fondo i meccanismi contenutistici di un uomo che, pur cosciente delle discrepanze strutturali dei due mezzi che l’hanno caratterizzato (letteratura e cinematografia), è riuscito ad inglobarli entrambi secondo la più pura concezione di Arte.