L' architettura contemporanea di Claudio Lucchesi

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Claudio Lucchesi può essere considerato un architetto siciliano globale. Dopo la laurea frequenta il corso alla prestigiosa AA di Londra con Jeff Kipnis e Bahram Shirdel. Socio fondatore a Londra di UFO-Urban Future Organization, vanta già un curriculum notevole: ha vinto numerosi concorsi internazionali ed esposto alla Triennale di Milano, alla Biennale di Architettura di Venezia, Pechino e Brasilia. UFO è stato selezionato da Zaha Hadid, nella pubblicazione 10x10_2 edita da Phaidon, come uno dei dieci giovani gruppi emergenti nel panorama internazionale.

Giuseppe Maccarrone:  Per iniziare, mi concentrerei sul lavoro del tuo studio, presentandolo brevemente e fornendo anche esempi di alcuni progetti importanti: qual è la condizione dell’architettura contemporanea in Italia e quali sono le sue possibilità, nel mondo globale?

Claudio Lucchesi: L’idea di UFO e di lavorare in rete nasce nel 1995 durante un corso post laurea all’Architectural Association di Londra. Jeff Kipnis ha contribuito molto stimolandoci a lavorare in gruppo, infatti la nostra forza si trova nel profondo legame umano che si è creato fra i membri. Nel 1996 abbiamo inaugurato gli studi di Londra e Messina, poi la voglia di conoscere, imparare e sperimentare nuovi percorsi ci ha permesso di crescere, con l’aggiunta di nuovi soci e nuove cellule: Atene, Goteborg, Stoccolma, Pechino, Jeddha, Seul, Sidney, Lincoln, Taipei, Istanbul.
La o nel nostro acronimo sta per “organization”; neghiamo qualsiasi tipo di struttura rigida e gerarchica in favore di una democratica e flessibile. Non esiste un capo ma solo un obiettivo comune: la qualità dell’architettura. Siamo in continua evoluzione, senza che l’idea di essere un Insieme venga meno e, proprio per questa ragione, ci sforziamo di stare al passo con le tecniche emergenti, i nuovi materiali e le tecnologie più innovative, le ibridazioni nelle tipologie, senza dimenticare l’ambiente. I nostri interessi, molto diversi e influenzati dagli aggiornamenti che ogni nuovo membro dell’organizzazione porta con se da ogni parte del mondo, confluiscono in progetti che cercano sempre di rivolgersi alle diversità locali, con un approccio sempre critico e di sfida verso il pensiero corrente.
Nel 1999 abbiamo vinto il nostro primo concorso importante, il National Concert Hall per Sarajevo, progetto che ci ha regalato una grande visibilità; esposto nel padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2004 dedicata ai Concert Hall.
Sono seguiti altri concorsi vincenti: il museo di arte contemporanea di Castelmola, la ricostruzione della stazione turistica Etna Nord, il recupero dell’ex cartiera Milano ad Amalfi, il waterfront della zona industriale di Milazzo per il Premio Portus della Biennale di Venezia 2006, Ediltomarchio a Catania, il waterfront e il centro polifunzionale di Messina.
Due progetti siciliani, casa Nicola e gli uffici direzionali della Simone-Gatto, sono stati candidati entrambi al Premio Mies Van der Rohe rispettivamente nel 2007 e 2011.
La condizione dell’architettura contemporanea in Italia è legata, oltre alle eccellenze consolidate di Piano e Fuksas, a dei bravi giovani; per la maggior parte di loro il salto di qualità deriva da esperienze fatte all’estero, frequentando studi affermati o corsi post-laurea. Le potenzialità dell’architettura italiana nel mondo globale sono affidate a tutti quei giovani che hanno voglia di andare all’estero per iniziare un percorso di ricerca, confronto e crescita non solo professionale.

G. M.: Giovani e cultura, università e ricerca: dopo gli studi in Italia ti sei perfezionato all’estero. Il nostro paese vanta un passato ricco e variegato ma non possiamo permetterci di adorarlo come feticcio; che ne pensi delle politiche culturali e professionali che sono state adottate nel passato recente? Quali orizzonti per gli studenti?

C. L.: Pensando ai giovani, non posso negare che molte Università straniere, conosco bene quelle londinesi, formano i ragazzi attraverso metodi innovativi, ma un elemento in particolare segna la differenza: i tutor vengono invitati ad insegnare per meriti.
Si stipulano contratti annuali che verranno rinnovati solo se gli studenti alla fine dell’anno produrranno buoni lavori.
L’Architectural Association non a caso è considerata tra le migliori Università al mondo perché un’altissima percentuale di architetti che provengono da li, sono diventati e continuano a diventare dei punti di riferimento a livello internazionale.
Consiglio vivamente ai giovani di andare all’estero, imparare una lingua, l’inglese per prima, fare nuove esperienze, confrontarsi, vedere, essere disposti a lavorare in gruppo e condividere nuove idee e modi di pensiero.
L’Italia, come paese, è un progetto perfetto: paesaggio, arte, cultura, cibo, moda, architettura, è un libro aperto in più dimensioni dove poter vivere e rivivere la nostra storia, ne sentiamo quotidianamente il profumo, ma proprio per questo non possiamo non avere nuovi riferimenti urbanistici. Le nostre città hanno bisogno di nuova energia per cui dovremmo accogliere, attraverso i concorsi seri di progettazione, chi potrà dare un valido contributo alla crescita dell’architettura nelle nostre scuole e nelle nostre città.

G. M.: Riconoscere l’architettura di qualità è impossibile senza un’educazione adeguata; il pubblico non è vasto e spesso il mondo del progettista sembra irraggiungibile. Soluzioni? Parlando della tua concezione estetica e tecnica, quali sono i limiti della contaminazione con altre discipline e come ti rapporti alle tematiche ambientali?

L. C. :C’è pochissima educazione e cultura verso l’architettura. Per la moda è diverso, la gente è informata attraverso riviste, manifesti pubblicitari, servizi televisivi, sfilate, può seguire le evoluzioni ed avere una propria opinione.
Quindi è molto difficile se non hai una preparazione, come hai detto tu adeguata, riconoscere l’architettura di qualità.
Tra le possibili soluzioni penso alla promozione dell’architettura attraverso la comunicazione indirizzata alla società civile, non solo agli architetti per capirci, altrimenti le conferenze, le mostre, i dibattiti, servono solamente per un autocompiacimento e amplificazione del proprio ego.
Tutti i movimenti artistici influenzano l’architettura e viceversa: ricordo nel mio periodo di studio londinese che alcuni nostri progetti furono influenzati dalla School of Fish, un movimento che ebbe inizio con la pittura per poi passare alla scultura e all’architettura. La tematica ambientale, intesa come rapporto tra materiali ecologici, energia pulita e nuove tecnologie, è parte integrante nella progettazione dei nuovi edifici. C’è un risveglio delle nostre coscienze, un’attenzione, una curiosità verso stili di vita più naturali e di conseguenza benefici per la salute che prima erano sperimentati e vissuti solo da poche persone. La casa rappresenta la nostra terza pelle, dovremmo costruire senza violentare la natura, assecondandola, migliorandola; se riuscissimo a fare questo saremmo già avanti. È possibile sfruttare il sole con il fotovoltaico, il vento con le micro turbine eoliche, l’acqua del sotto suolo con la geotermia. Di certo non possiamo dimenticare componenti, per così dire, più “tradizionali” in architettura, mi riferisco all’uso più opportuno del colore e quindi all’attenzione alla luce naturale ed artificiale, indispensabile se si desidera far vivere le persone in luoghi sempre più funzionali, comodi ed integrati con l’ambiente.
È necessario sensibilizzare il grande pubblico attraverso l’informazione, in modo che abbia la consapevolezza che solo attraverso l’architettura di qualità è possibile respirare quotidianamente la bellezza da cui traiamo il nutrimento interiore.

G. M.: Tre anni fa UFO è stato protagonista nella capitale con una mostra alla Casa dell’Architettura: cosa pensi del difficile rapporto fra architettura e tempo, emblematico a Roma, città eterna?

C. L.: Si, nell’ottobre del 2010 siamo stati invitati dall’AIAC, un’associazione di giovani architetti romani e non, ideata da Luigi Prestinenza Puglisi, ad esporre presso la casa dell’architettura a Roma; abbiamo progettato anche l’installazione e penso che sia piaciuta, è stata una buona esperienza che abbiamo condiviso con alcuni colleghi stranieri.
Il rapporto tra architettura e tempo è fondamentale, l’architettura va giudicata in base al tempo. Per fare un esempio quando veniva terminato l’Altare della Patria dopo qualche anno Le Corbusier realizzava villa Savoye: il primo sembra un’architettura del 700 mentre l’altra continua ad essere un’architettura valida ai nostri giorni. Quindi Roma che ospita un patrimonio straordinario per la storia dell’architettura mondiale non può fermarsi, ma deve continuare ad aggiornare questo libro dell’architettura a più dimensioni con nuovi progetti; ha già imboccato la strada con progetti quali l’auditorium di Renzo Piano, il MAXXI di Zaha Hadid e la “nuvola” di Fuksas ma nonostante questo non ci si può accontentare mai e bisognerebbe pensare a percorsi virtuosi di collaborazione con le istituzioni per valorizzare l’esistente rimanendo aperti alle novità e vigili rispetto alle problematiche della società contemporanea, in cui i cambiamenti sono estremamente rapidi ed ambigui.

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