Riccardo Maggi | Anima

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di Gianluca Giaquinto

regia Riccardo Maggi

aiuto regia Michela Tebi

con Alessio Mario Maffei, Francesco Bonaccorso, Sofia Bolognini, Martina Vuotti, Mauro De Maio, Giacomo De Rose, Giuseppe Menzo

assistente alla regia Viola Zanotti

costumi Viola Zanotti

 

15 Dicembre 2016. Teatro Elettra, Roma

Un’inquietante figura – Francesco Bonaccorso –, vestita di nero, col volto nascosto da una maschera dal naso enorme – molto simile a quella dello Zanni di Commedia dell’Arte – accoglie il pubblico del Teatro Elettra con apparente austerità e sobri cenni del capo. Fa da sfondo sonoro il Requiem di Mozart.

Si apre con carattere solenne dunque Anima, opera ultima di Gianluca Giaquinto, messa in scena dalla Compagnia Teatrale Oneiron, diretta da Riccardo Maggi. Già dalle prime battute, tuttavia, la solennità lascia spazio all’ironia che domina l’intero spettacolo, acquistando così dei toni fortemente tragicomici. Sono le stesse caratteristiche che coloravano La Profezia – ultima pièce rappresentata dalla compagnia – , di cui Anima risulta essere, di fatti, una sorta di spin-off. Eppure, nonostante la chiara vicinanza delle due opere, il richiamo è prettamente estetico: estremamente differenti sono infatti i temi che si affrontano in Anima, motivati anche dall’ambientazione storica scelta dall’autore. Un periodo complesso come quello rinascimentale è inevitabilmente legato alla magia e all’esoterismo, all’amore puro e classicista, tra processi inquisitori e progressi scientifici.

L’uomo rinascimentale si pone al centro del mondo, in armonico rapporto con la realtà circostante, che egli può comprendere e dominare con il giusto uso della ragione, delle conoscenze scientifiche e del sapere della tradizione e degli antichi. Ma il Dottor Frosenna – Alessio Maria Maffei – è intenzionato a sovvertire la tradizione e passare alla storia come colui che ha dimostrato l’esistenza dell’anima e dove essa risieda. Prima di lui Galeno, gli epicurei, i cristiani, hanno tentato vanamente di verificarne l’autenticità. A differenza loro, però, il Dottor Frosenna può contare sull’appoggio di una maga – Sofia Bolognini –, la quale sostiene che è impossibile trovare l’anima nei corpi autorizzati dalla legge, ovvero quelli dei condannati a morte, poiché perdono i loro ventisette grammi di spiritualità nel momento stesso dell’impiccagione. Serve dunque un cuore puro.

L’unica soluzione sembra essere quella di sventrare la piccola Cassandra – Martina Vuotti –, la figlia dell’oste – Giuseppe Menzo – appena quattordicenne, dall’animo candido e gentile. Un animo che non ha ancora mai provato la gioia d’amare, e che non tarda a manifestare dei sentimenti per il Dottore. Si innesta così nel protagonista un senso di sconforto nella difficile scelta tra cuore e ragione, senso morale e ricerca empirica. A rincarare la dose un processo inquisitorio per miscredenza.

Ottimo, a tal proposito, il lavoro attoriale dei due inquisitori – Mauro de Maio, Giacomo De Rose –, costruiti dal regista come un unico personaggio diviso tra due corpi, tra frasi spezzate a metà e movimenti all’unisono. Crea perciò smarrimento la scena finale, in cui i due inquisitori arrivano a scindersi completamente sia sul piano intellettuale che su quello fisico, per lasciare spazio alle loro individualità che si rivelano senza più maschere.

E’ il risultato di un climax ascendente che raggiunge il suo apice in un’esplosione di autenticità. Tutti i personaggi abbandonano improvvisamente la dimensione comica e grottesca che li ha caratterizzati per tutta l’opera, manifestando una sconcertante umanità, rude e crudele, ma piene di insicurezze. L’unico personaggio che non si espone del tutto è la maga, che ha tessuto trame ingannatrici, in cui tutti i personaggi si sono aggrovigliati. Solo il Dottor Frosenna sembra aver intuito chiaramente in che tipo di trappola era stato ingabbiato: lui prima degli altri, lui prima dell’intervento della maga, lui che perseguiva una smodata brama di gloria. Le intricate fila dell’occulto hanno portato alla luce ciò che non è possibile svelare. Ci sarà sempre qualcosa di intangibile e inspiegabile alla scienza: l’essenza umana.

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Autore

Tony Scarfì

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