Roma Fringe Festival | Gianmarco Busetto | 9841/Rukeli

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di e con Gianmarco Busetto

regia Enrico Tavella, Gianmarco Busetto

suoni Enrico Tavella

 luci Leonardo Fol, Giorgia Cabianca

progetto grafico Marina Renzi

produzione Farmacia Zoo:E’

 

27 settembre 2016, Roma Fringe Festival, Quirinetta, Roma

 

 9841/Rukeli (di e con Gianmarco Busetto) è il titolo dello spettacolo vincitore della quinta edizione del Roma Fringe Festival, conclusosi lo scorso 27 settembre presso il Quirinetta di Roma.

9841 è il numero del codice d’immatricolazione con cui, nel 1943, i nazisti registrarono l’arrivo nel campo di concentramento di Neungamme del pugile tedesco, di origine Sinti, Johann Trollmann, meglio conosciuto come “Rukeli”.

Un uomo dunque, la cui storia prende forma e colore sulla scena mediante il racconto di un solo attore.

Nessun oggetto, nessuna scenografia: solo un piccolo sgabello e uno sfondo bianco, sul quale appaiono in pochi momenti, abilmente ricercati, video proiezioni live streaming che sottolineano inesorabilmente il carattere “reale” di una vicenda senza tempo. La storia di Rukeli non è uno spaccato dell’epoca nazista, non è il racconto di uno dei più ingiusti atti discriminatori della politica sportiva, e neppure il ritratto di colui che viene considerato dagli esperti il precursore della moderna tecnica di fare boxe. Essa è piuttosto l’intreccio di tutti questi fattori con l’emblematico vissuto di un uomo che, da solo, ha osato sfidare la propaganda nazista con uno dei più potenti atti di comunicazione della storia: presentarsi alla finale nazionale tedesca di boxe per i pesi medio-massimi tinto di biondo, cosparso interamente di talco e con le caviglie immobilizzate dallo scotch. «Volete che combatta come uno di voi? Adesso vi faccio vedere come combattono gli ariani ».

Con coraggio e straordinaria drammaticità Rukeli perse l’incontro e quindi il titolo – già precedentemente vinto e revocato per non essersi attenuto ai “principi” della boxe, ovvero per aver evitato più colpi di quanti ne avesse inferti, mostrando così un atteggiamento “effeminato” – per farsi specchio del suo rivale, mostrandone dunque le debolezze e l’umanità. Perdere l’incontro non risparmiò il campo di concentramento al nostro eroe zingaro.

L’umanità di Rukeli non era necessaria laddove l’uomo veniva declassato a cavia da laboratorio o macchina da lavoro, ma possederla gli permise di non allontanarsi mai dai concetti di dignità e diversità, i  quali tutt’oggi vengono ancora mal recepiti e messi in discussione dalle moderne forme di razzismo e di pregiudizio che, troppo spesso, ci rendono un po’ meno “umani”.

 

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Autore

Tony Scarfì

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