Short Theatre 10 | Cuscunà | Sorry, Boys

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ph Rosen_Krauz

ph ROSEN + KREUZ

Dialoghi sulla mascolinità per attrice e teste mozze (primo studio)
di e con Marta Cuscunà
progettazione e realizzazione teste mozze Paola Villani
assistenza alla regia Marco Rogante
disegno luci Claudio “Poldo” Parrino
disegno del suono Alessandro Sdrigotti
co-produzione Centrale Fies, Operaestate Festival
teste gentilmente concesse da Eva Fontana, Ornela Marcon, Anna Quinz, Monica Akihary, Giacomo Raffaelli, Jacopo Cont, Andrea Pizzalis, Christian Ferlaino, Pierpaolo Ferlaino
 
Short Theatre 2015
7 Settembre, La Pelanda, Roma

Il primo studio di Marta Cuscunà, Sorry, boys, terza tappa del “Progetto sulle resistenze femminili”, dopo essere passato a Centrale Fies (dove l’artista è in residenza) viene presentato al pubblico di Short Theatre 10. Sin dall’inizio dell’evento scenico la performer e autrice friulana si posiziona dietro un muro posto al centro della scena, guidando sette teste meccaniche “mozzate” rivestite di cartapesta, e interpretandone le voci, in una sorta di mix tra teatro di figura ed effetto-ventriloquo. Lo studio dura circa venti minuti, bastevoli a coinvolgere il pubblico attraverso lo straniante realismo della mimica facciale delle maschere, ottenute attraverso calchi di persone reali e realizzate da Paola Villani (ex Pathosformel, uno dei gruppi di maggior rilievo della nuova avanguardia italiana del teatro di ricerca). L’operazione di tassidermia umana effettuata dalla Cuscunà proviene dall’arte visuale (oltre che da maestri del teatro di figura come il suo mentore Joan Baixas), nello specifico dalla serie di fotografie We are beautiful (2012) del giovane artista francese Antoine Barbot, a sua volta ispirato dall’estetica del fotografo di moda Erwin Olaf. Tuttavia al posto delle belle figure vittoriane che sostituiscono teste di cervi e orsi, in Sorry, Boys le maschere sono grottesche e dalle espressioni beote, al fine di rendere caricaturale il loro interloquire.

ph da http://sorry-boys.blogspot.it/

ph da http://sorry-boys.blogspot.it/

La storia che si narra, nel testo originale animato dalla voce della performer attraverso i volti finti che si animano di volta in volta, è tratta da un fatto di cronaca avvenuto nella città di Gloucester (Massachussets, USA) nel 2008, e di cui al tempo parlarono anche i quotidiani italiani (Vittorio Zucconi ne scrive qui). Diciassette minorenni del liceo cittadino restano contemporaneamente incinte, secondo quello che viene definito “Il patto di Juno”, denominazione riferita al noto film di Diablo Cody del 2007. L’evento crea una bagarre politica e sociale, in quanto attira da subito l’attenzione morbosa dei media. Come in occasione di ogni “fattaccio” che si rispetti, si scatena un dibattito moralista e sociologico, del quale i protagonisti sono, tra i vari: il preside Joseph Sullivan, il sindaco Caroline Kirk, il medico della scuola e la sua infermiera. Rappresentanti della società civile, questi sono colti nei loro discorsi infarciti da mediocrità, cinismo ed evidente terrore. Già, perché le presenze più inquietanti (ed inquiete) di questa storia, le reali protagoniste, sono le diciassette studentesse, delle quali si parla unicamente in terza persona, ingombranti figure assenti che di fatto hanno commesso un atto di disobbedienza civile, scandalizzando una società estremamente puritana e religiosa come quella di un paesino del New England. Se Zucconi nel suo articolo del 2008 su Repubblica individuava il parallelismo con gli accadimenti di Salem nel 1690, nella rilettura della Cuscunà troviamo uno sguardo meno incentrato sulla religione e sulla presunta “caccia alle streghe” e più orientato verso le dinamiche post-femministe e sociali. Nel testo infatti, a farla da protagonista è una concezione del “Patto di Juno” come atto di ribellione e “dispetto” alle autorità, sottilmente anarchico e splendidamente femminista (una sorta di Lisistrata aristofanea rivisitata). Le ragazze scelgono di mantenere ignoto il padre – atto di indipendenza e diniego del maschio – e di non abortire, nonostante le sollecitazioni da parte della comunità di Gloucester. Di tutto il lato psicologico e da cronaca di serie B («Le ragazze erano sole e trascurate […]», e via dicendo) in Sorry, Boys si ritrova ben poco; prevale piuttosto una parodia cinica delle istituzioni e delle figure che dovrebbero rappresentare e guidare la società e che, in realtà, si rivelano un gruppo di comari di piazza.

I dialoghi sono spesso tendenti al turpiloquio, come nella tradizione della sceneggiatura americana, e interpretati con un ritmo serrato, a tratti isterico. Le sequenze sceniche sono scandite attraverso la proiezione, su uno schermo nero posto alla destra del muro di maschere, delle settimane di gestazione e post-gestazione delle diciassette gravidanze. La drammaturgia lascia irrisolta la questione morale e sociale: non si risolve infatti la questione se quello delle diciassette minorenni sia un’azione inutile a priori per sfuggire dall’inevitabile coercizione sociale, o se rappresenti una reazione all’indifferenza generale che simboleggia una vendetta contro le “porte sbattute in faccia con un sorriso e una stretta di mano”.

Marta Cuscunà, vincitrice del Premio Scenario per Ustica nel 2009 con È bello vivere liberi, si conferma una delle migliori autrici italiane, nel suo modo originale di affrontare il tema della resistenza femminile e di unire tale intento ad una ricerca sulle modalità di rappresentazione in grado di sposare le intenzioni drammaturgiche del testo originale.

ph da b-fies.it

ph da b-fies.it


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Redazione

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