25 Aprile di Pellicole: ROMA CITTA' APERTA

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Durata 99′ (1945),

Regia Roberto Rossellini,

Soggetto Sergio Amidei,

Sceneggiatura Sergio Amidei, Federico Fellini, Celeste Negarville, Roberto Rossellini,

Fotografia Ubaldo Arata,

Montaggio Eraldo Da Roma,

Musiche Renzo Rossellini,

Interpreti Anna Magnani (Pina), Aldo Fabrizi (Don Pietro Pellegrini), Marcello Pagliero (Luigi Ferraris alias Giorgio Manfredi), Maria Michi (Marina Mari), Carla Rovere (Lauretta), Francesco Grandjacquet (Francesco), Giovanna Galletti (Ingrid), Harry Feist (maggiore Fritz Bergman).

Vedi la parte delle Histoire(s) du cinéma in cui Godard parla del cinema italiano (La monnaie de l’absolu – 3a)

«Questo per dire che dal ’40 al ’45 non c’è stato un cinema di resistenza. Vi furono film di resistenza, a destra e sinistra, qua e là, ma il solo film che in termini cinematografici abbia resistito all’occupazione americana del cinema, al modo uniforme di fare cinema, è stato un film italiano. E non è un caso. L’Italia è il paese che ha lottato di meno, che ha sofferto molto e che ha tradito due volte, e che dunque ha sofferto l’assenza d’identità. E se l’ha ritrovata con Roma città aperta, questo è perché il film fu fatto da uomini senza uniforme. L’unica volta.[…]Invece

con Roma città aperta, l’Italia si è riguadagnata il diritto di una nazione di guardarsi in faccia. E dunque è arrivato il sorprendente raccolto del grande cinema italiano. Ma c’è qualcosa di strano. Come ha fatto il cinema italiano a diventare così grande, se nessuno, da Rossellini a Visconti, Antonioni e Fellini,registrava il suono con le immagini? C’è una sola risposta: la lingua di Ovidio e Virgilio, di Dante e Leopardi, è affluita nelle immagini».

E’ questo il giudizio che Godard, nelle sue Histoire(s) du cinéma, dà del capolavoro di Rossellini e di tutto il filone del neorealismo cinematografico italiano. Un giudizio schietto e condiviso che analizza la drammaticità della storia rapportandola all’abilità dei registi italiani di mostrarla in tutta la sua crudezza reale.

Il regime fascista è caduto e, mentre gli alleati avanzano per liberare la penisola, Roma si trova ancora sotto il potere delle truppe naziste. Le forze partigiane della Resistenza, intanto, sono già capillarmente attive sul territorio.

Giorgio Manfredi alias Luigi Ferraris, vecchio amante di Marina Mari, è una figura militare carismatica all’interno del Centro di Liberazione Nazionale. Pina abita nel quartiere Prenestino, è vedova, ha un bambino e sarà la futura sposa di Francesco, tipografo antifascista. Don Pietro Pellegrino, invece, dice messa nella chiesa di san Clemente ed è un sacerdote che non nega mai il suo aiuto alla Resistenza. Le loro storie s’intrecceranno a tal punto da fondersi in un nucleo di estrema drammaticità mostrante non un giudizio di valore sulla realtà, bensì il suo “semplice” essere fatto accaduto. Quella del neorealismo è, dunque, una pura estetica della realtà.

Ciò che porta in scena Rossellini, come afferma Bazin in Qu’est-ce que le cinéma?, è un umanesimo rivoluzionario che mette in contrasto la consapevolezza dell’individuo e la distruttività irrazionale della folla. Roma città aperta – primo film della “trilogia della guerra” rosselliniana – si ricostruisce nelle performance, impossibili da sopravvalutare, di una perfetta Anna Magnani e di uno strepitoso Aldo Fabrizi: esiste nelle loro interpretazioni, riprendendo sempre Bazin, una perfetta «amalgama degli interpreti»

L’attualità della Resistenza, ovvero l’esplicitazione della sua intima forza di esemplarità latente e, tuttavia, costitutivamente pubblica, si costruisce attorno all’idea di un’etica del sacrificio, alla virtù del silenzio e alla questione della responsabilità verso i posteri, alimentandosi, allo stesso tempo, delle figure a loro modo cristologiche di Padre Pietro Pellegrino e Manfredi. I moti della Resistenza e il processo di Liberazione sono il connubio storico che porterà alla soppressione dell’asfissia fascista-nazista e alla realizzazione di una vera e propria azione rivoluzionaria politica di cui Roma città aperta è una delle prime testimonianze.

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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