Telemomò on stage di Andrea Cosentino – televisione autarchica video Tommaso Abatescianni danza Natalia Bonanese musica Økapi tecnica e luci Pierfrancesco Pisani 23-24-25 maggio ore 21.00 Teatro Villa Torlonia, Roma
In giro per Villa Torlonia come inquadratura delle interviste – proiettate su uno schermo altrimenti in white noise – a bambini, anziani e pazienti psichiatrici su cosa sia la televisione oppure su un cavalletto – centrato sul palco da un deciso occhio di bue – come inquadratura del teatrino di pupazzi e parrucche, lo schermo bucato di un televisore è il perno attorno al quale gira Telemomò on stage, spettacolo con cui da anni Andrea Cosentino smonta il linguaggio televisivo.
Nello scorrere delle interviste video, frutto della Residenza creativa della Casa dei teatri di Roma, comprendiamo un pò alla volta la logica che accomuna: si tratta di opinioni di persone altamente influenzabili che il «mezzo persuasivo» televisione ogni giorno ipnotizza e coinvolge come e più della realtà stessa. Emerge – dato di fatto acclarato ma reso angosciante dal susseguirsi di risposte montate a ritmo serrato – che la tv è «un mezzo che fa compagnia» la sera durante e dopo cena, attraverso il quale «la gente si informa senza leggere». Uno dopo l’altro gli intervistati mostrano – non senza una punta di orgoglio – la loro approfondita conoscenza dei programmi televisivi e di conseguenza il loro attaccamento alle immagini magnetiche proiettate sullo schermo. In tale prospettiva trova un senso raffinato e straniante la danzatrice del ventre – all’inizio apparentemente extracontesto – che, incorniciando i movimenti seducenti della sua danza e irrompendo a più riprese nella messa in scena, la anima rimandando ad una dimensione altra. Una dimensione impossibile da racchiudere in quella cornice vuota, che la danzatrice si porta dietro, troppo piccola e proprio per questo allusiva.
Tutto lo spettacolo è costruito sulla sovrapposizione diacronica di più dimensioni e mezzi espressivi (la danza, la musica, il video, la parola) in cui centrale è il meccanismo di decostruzione materiale e linguistica attuato dal varietà autarchico e interattivo di Cosentino. In un gioco meccanico di inquadrature dal campo lungo al dettaglio, rese attraverso parrucche e pupazzi di vario genere, vengono riprodotte le situazioni dei tipici programmi televisivi, man mano deframmentate nel linguaggio che le rappresenta in cui la fiction surclassa di netto il reale fino a far divenire tutto favola: una «mela non biologica» che diventa la metafora delle brutte storie della TV.
Attraverso una serrata ironia come vero e proprio meccanismo di difesa, Cosentino porta pian piano lo spettatore non solo a prendere le distanze da ciò che vede ma anche a prevedere e acquisire il suo meccanismo di smontaggio/rimontaggio che diviene infine un loop condiviso; esattamente quello dei bambini filmati durante la residenza creativa che giocano divertiti secondo nuove regole e con uno spontaneo sguardo in macchina.