Prima romana il 25 maggio al Teatro Vascello dello spettacolo di danza contemporanea A mazon, della coreografa e regista Alessia Gatta, per le musiche di Federica Italiano, con i performer della compagnia Ritmi Sotterranei
A mazon
Regia e coreografie: Alessia Gatta
Drammaturgia: Giovanni Fontana
Artiere: Viola Pantano
Disegno Sonoro: Federica Italiano
Disegno luci e set: Marco Policastro
Installazione Video: Quiet Ensamble
Costumi: Cristina di Castro
25 maggio 2013 – Teatro Vascello, Roma
A mazon cerca di tradurre una narrazione mitica in movimenti del corpo. Questa storia è raccontata da una voce fuori campo, componente della narrazione al pari della musica, della danza e delle lastre diagonali che dividono il palco, schermi di registri multipli di linguaggio. Le amazzoni non sono un clan di donne guerriere ma cyborg che solo nella rappresentazione di conflitti possono assumere le posizioni di maschile e femminile.
Si racconta l’attualità mitica del corpo presente, diviso tra macchina e organico, senza possibilità di sintesi, in cui le possibilità di movimento sono la composizione di una macchina e la sua distruzione mediante l’insurrezione dell’organico. Il corpo unico è in perenne fuga dal suo ordine; si assistono a tensioni e lotte per il possesso di qualcosa che non si vede e non si comprende, e forse non c’è; la macchina impazzisce e i danzatori-ingranaggi rotolano, si spezzano, cadono a pezzi.
Questo gioco appare nella prima fase dello spettacolo contrassegnato dal bianco della luce e dei costumi dei danzatori. In una precipitazione eccentrica le loro maschere si scoprono poco alla volta. Il luogo del racconto è un contenitore angolare: una lastra nera riflettente sospesa fino a terra e uno schermo bianco sono giustapposti diagonalmente. In alcuni momenti il lato nero diventa un velo, dietro il quale si formano quadri di figure bianche, tenute a distanza.
Nella seconda fase, i performer assumono progressivamente un’identità guerriera e si muovono per variazioni di disposizioni geometriche. Lo schermo bianco su cui scorrono onde spezzate e interferenze, getta un’ incongruente ombra luminosa quadrata. La voce descrive i gesti, ridondante, fino a non lasciare più niente all’immaginazione. Corpi fatti di pelle intervengono ma sono aggrediti dal clan di guerriere dark, che catturando e divorando li includono nel clan e portano in trionfo verso la preda uno striscione, su cui c’è ancora solo l’indicazione di una partizione dello spazio “diagonale trasversale”.
In questo racconto non c’è ancora tempo, ma preistoria della divisione impossibile del corpo tra gli ordini dei sistemi visivi, sonori, e linguistici. Alla fine si comprende che A mazon è una fuga eccentrica dai gesti spontanei del corpo, perché non esiste una spontaneità capace di comunicare lì dove la macchina codifica i corpi, per cui questi corpi sono significati dall’alto da un racconto fuori campo e dalle divisioni dello spazio scenico. Quando interagiscono come organismi liberano violenza e i gesti impazziscono.
Questi corpi in scena mostrano che nel contemporaneo i significati perdono la loro aderenza allo spazio fisico. Uno spazio fisico naturale non è più il luogo dell’esperienza significativa e occorre cercare nuove referenze, nuovi luoghi transmediali per dare significato alle esperienze. Assistiamo a questa ricerca nella sua preistoria, in cui la divisione è vissuta nel corpo e la conquista di nuovi territori al senso è una fuga in corso.