di Roberto Castello
in collaborazione con Alessandra Moretti, Mariano Nieddu, Ilenia Romano, Francesca Zaccaria
e con la riflessiva collaborazione di Andrea Cosentino, Carlotta Cossutta, Giacomo Verde, Stefano Questorio
interpreti Roberto Castello, Alessandra Moretti, Mariano Nieddu, Ilenia Romano, Francesca Zaccaria
testi, coreografie e musiche Roberto Castello
scene Daniele Spisa
produzione Aldes con il sostegno di Associazione Dello Scompiglio
con il sostegno di MiBACT – Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo Regione Toscana / Sistema Regionale dello Spettacolo
Mercoledì 12 luglio – Teatro India, Roma
E’ all’interno della rassegna Il teatro che danza, organizzata da Teatro di Roma e programmata siano a fine settembre, che assistiamo ad Alfa, appunti sulla questione maschile frutto del lavoro di Roberto Castello insieme ad Aldes.
Alfa, come ci preannuncia il sottotitolo, ci parla dell’essere uomo o per lo meno del tentativo degli uomini di essere tali secondo l’etichetta occidentale e lo fa inserendo l’esemplare maschio in un campione di possibili situazioni quotidiane in cui per forza il confronto si snocciola con la controparte femminile.
I cinque interpreti in scena si collocano da subito al loro posto all’interno di una situazione che la dice lunga: le tre donne sono coriste di un complessino e i due uomini ne sono i cantanti. L’abilità di Castello, presente in scena, continuamente dentro e fuori alle situazioni che si creano, consta proprio nel caratterizzare la base del luogo comune maschio/femmina attraverso scene comprensibili che si strutturano in riflessioni sottili ed estremamente attuali.
La scena, il testo pronunciato dagli eccezionali interpreti e il sonoro vengono sostenuti egregiamente da un andamento dinamico globale che non fa altro che sottolineare ciò che accade e mostra la reale possibilità dei momenti che Alfa ci permette di vivere, il tutto con una cifra estremamente comprensibile e condivisibile. Il pubblico è chiamato in causa a livello sensibile e a livello drammaturgico perché il lavoro ci inserisce in panorami che tutti abbiamo vissuto.
L’estrema intelligenza del lavoro è quella di inserire una danza puntuale laddove se ne sentiva il bisogno. Un movimento mai fine a se stesso ma scaturito dalla situazione in cui il corpo si trova ad agire. Di eccezionale valore – ma questa è la firma di Castello – è il lavoro vocale associato a quello fisico che ha visto gli interpreti come degli abitanti del lavoro.
Di nuovo la sapienza di utilizzare al meglio gli strumenti lavorati per una vita, l’esperienza dell’autore e la disponibilità dei danzatori che sono stati anche collaboratori, per concertare un lavoro fruibile, con un messaggio estremamente chiaro e di una leggerezza quasi disarmante per come a tratti si trasformi in ferocia.
Questo spettacolo lascia piacevolmente sorpresi perché permette di intuire il lavoro profondissimo del mestiere della danza, dell’artigianato teatrale e ne mostra l’uso equilibrato e lavorato nella direzione del pubblico che viene a teatro per nutrirsi di altro cibo.