regia e testo Alessia Giovanna Matrisciano
con Christelle Calasuonno, Giacomo De Rose, Valentina Fornaro
13 maggio 2017, Teatro Studio Uno, Roma
Ospite al Teatro Studio Uno, Alessia Giovanna Matrisciano porta in scena una delle più grandi questioni che toccano la nostra contemporaneità: le dipendenze che corrodono la propria vita e i rapporti interpersonali. Fallisci Facile è il titolo di questo esperimento in cui tre attori si fanno traghettatori di due storie parallele, ma che, vissute per ogni singolo individuo, si trasformano in tre situazioni, tre percorsi tutti estremamente personali.
Un prologo di stampo “religioso” fa iniziare lo spettacolo, catapultando poi lo spettatore a quelle tipici ragionamenti contemporanei che sono retaggio di una serie di tradizioni e costumi superati solo in apparenza, ma ancor ben radicati nella mente umana: la divisione dei sessi, i problemi dei maschi, i problemi delle femmine e i problemi tra maschi e femmine. Una linea sul palcoscenico separa un uomo e una donna che, nonostante vivano insieme, non si toccano né si ascoltano più. In breve: non si piacciono più. Lei ossessionata dall’idea del fitness per diventare come le fotomodelle sulle pagine traslucide e per perdere il vizio del fumo. Lui, goloso di cibi dolci e zuccheri e dipendente dal giudizio delle donne sulla sua pancetta, è tormentato dal desiderio di dimagrire. E poi un personaggio satellite, una ragazza incinta ancora incerta sul voler avere o meno un bambino e continuamente giudicata da sua madre.
Diviso in drammi psicologici riguardanti l’aspetto del corpo, e, al contrario, le difficoltà del corpo che causano traumi psicologici, lo spettacolo mette in atto la realtà delle problematiche moderne. È il problema delle droghe – in questo caso specifico della nicotina e del cibo spazzatura –, che fanno da palliativo, da “dimenticatoio” in un mondo in cui l’individuo è messo in vetrina, influenzato con l’immagine preconfezionata della perfezione per frustrare la propria personalità. È il problema delle dipendenze non solo chimiche, ma anche sociali e familiari, che sostituiscono una mancanza più grande: la relazione con gli esseri umani e con se stessi, continuamente estraniati dalle proprie sensazioni mentre gli occhi sono puntati sulle riviste e le mani nei pacchi dei biscotti. È il problema delle distrazioni che più ci si addicono per non dedicare del tempo a quelle che sono le nostre passioni. Fallisci facile è il programma di distruzione del Sé a favore della sovrastruttura dell’Io.
Seguire ferree dittature per smettere di fumare, fare ginnastica per dimagrire, andare a una cena romantica in un ristorante vegano quando ormai ciò che è venuto a mancare è l’innamoramento, sono tutti tentativi di recupero di Sé attraverso gli aspetti, gli atteggiamenti e le continue mode che soppiantano le vecchie abitudini. Dall’altro lato invece c’è chi deve affrontare i problemi sul lavoro, sulla propria indipendenza, sull’essere molto spesso vittima dei propri genitori e giudicato secondo i loro desideri. E nel momento in cui le droghe e le dipendenze vengono tolte, l’astinenza fa cominciare a percepire i propri istinti, il Sé cerca di riavere il suo posto e la crisi di nervi incombe.
La facilità nel fallire sta dunque nel tentare di apparire nel mondo come ci dicono le riviste o come le nostre famiglie vorrebbero che fossimo. La ragazza fumatrice non riuscirà a smettere di fumare, il ragazzo con la pancetta non riuscirà a smettere di mangiare schifezze e ad essere virile per le donne, la mamma con il pancione non vorrà più essere mamma. La sconfitta più grande sta dunque nel non trovare lo spazio di scontrarsi con se stessi per poi incontrarsi con gli altri. Anzi, le persone esterne diventano il sacco da boxe, lo sfogo, il bacino delle le proprie frustrazioni. Si creano guerre con quelle che sono le persone reali, vive, i propri simili.
Ci sono alcune piccole incertezze tecnico/artistiche che avrebbero potuto valorizzare maggiormente questo esperimento sulle passioni umane, ma nel complesso Fallisci facile genera un impatto diretto di questi archetipi rappresentanti gli esseri umani di oggi attraverso la visione delle loro vite. È un atto del teatro che non racconta, ma fa vedere in diretta, creando un’immagine simbolo che punta dritto al cuore del pubblico per farlo ragionare solo una volta uscito dalla sala. Un buonissimo lavoro.