regia Riccardo Brunetti drammaturgia Emiliano Loria, Riccardo Brunetti allestimento Amaranta/ Orma Fluens con Alfredo Pagliuca, Carolina Bevilacqua, Emanuele Nargi, Paola Scozzafava, Riccardo Brunetti, Sandra Albanese, Silvia Ferrante falegname e costruzioni speciali Leonardo Mian sarta Rosanna Notarnicola tecnica Cristiano Milasi illustrazioni Eugenio Sicomoro coproduzione Amaranta/Orma Fluens – Teatro Studio Uno12 febbraio 2015, Teatro Studio Uno
Il Teatro Studio Uno di Roma ospita dal 12 al 22 febbraio 2015 Augenblick – L’istante del possibile, lavoro di teatro “immersivo” firmato Riccardo Brunetti.
Lo spazio del teatro si presenta agli spettatori completamente trasformato dall’allestimento che la compagnia Amaranta/ Orma Fluens organizza avvalendosi della mano esperta di Leonardo Mian. L’atmosfera in cui siamo accolti è silenziosa e fitta di mistero: degli individui mascherati di nero ci accolgono togliendoci cappotti e borse e ci consegnano una mezza-maschera bianca da calzare. Ascoltiamo attenti un annuncio in tedesco ed italiano che ci dice esattamente come dobbiamo comportarci all’interno della casa/teatro.
Il grande set performativo, che occupa tutti gli spazi disponibili dello Studio Uno, si presenta come una casa di fine ottocento, dagli spazi oscuri e alchemici. Siamo invitati alla veglia funebre di un uomo: armati di maschera bianca e curiosità, ci avventuriamo timidamente a scoprire quello che ci circonda; nessuno sa cosa aspettarsi, un leggero timore si avverte nell’aria e i sensi sono percettivi al massimo grado, pronti a cogliere qualsiasi piccolo suggerimento di inizio spettacolo. Ciascun spettatore può liberamente muoversi, attratto da particolari dell’allestimento che possano scatenare in lui il senso di immedesimazione.
L’atto performativo inizia e divide quasi subito tutti gli spettatori, forse disorientandoli: è difficile comprendere quale sia la strada giusta da seguire, ma il principio del teatro “immersivo” sulla cui base si sviluppa il progetto è proprio questo: essere immersi completamente nello spazio dello spettacolo, sentendo di seguire il particolare che più attrae l’attenzione come filo narrativo.
Come su un set cinematografico, nei panni di telecamere, ciascun spettatore può scegliere dove posizionarsi per scorgere lo svolgimento dell’azione. L’idea di potersi infilare in ogni cunicolo senza che nessuno lo vieti aggiunge un grado di tensione e un senso di indipendenza che rendono l’esperienza particolare e nuova.
Un aspetto salta subito all’occhio, ed è il disorientamento del pubblico: seguire la drammaturgia è complesso – e probabilmente l’idea narrativa non è fondamentale quanto quella dell’esperienza in sé – e cercare comprendere appieno quello a cui si sta prendendo parte è l’operazione che caratterizza i movimenti di tutti i presenti; se però durante il primo blocco della performance è la timidezza a guidare i presenti, nel secondo saranno movimenti più decisi che mirano ad una risoluzione dell’enigma, portando ad aprire cassetti e sportelli in cerca di indizi, seguendo morbosamente gli attori e i loro gesti danzati e misteriosi, il loro fare circospetto e che nasconde qualche segreto indicibile. Un personaggio è silenzioso: è lo spirito del morto che si aggira nella sua casa e che sembra spaesato come noi, come se non riconoscesse gli ambienti di una vita, le dinamiche che lo hanno circondato, come se ai suoi occhi si presentassero realtà distorte e che non combaciano con le sue versioni del reale vissuto.
Lo spettacolo, nella sua complessità, procede senza intoppi, rispettando tutti gli appuntamenti drammaturgici che ne permettono lo svolgimento e la fruizione. Una traccia audio scandisce il tempo come un orologio preciso ed è valido input sonoro che attira gli spettatori in alcuni luoghi del mistero e che permette ai sei performer di sincronizzarsi perfettamente nelle azioni.
Dubbia rimane la funzione di noi spettatori, a cui viene richiesta una partecipazione attiva durante questo “viaggio” nel tempo e nello spazio: siamo forse investigatori di una storia raccontata a mo’ di puzzle, i quali devono in qualche modo ricostruire la vicenda per permettere all’anima del morto di trascendere e liberarsi? Siamo forse anche noi spiriti silenti che accolgono con condiscendenza lo spirito del defunto, cercando di mostrargli la verità? I desideri di ciascuno portano a formarsi un percorso interiore, e forse poco importa quale sia la connotazione da attribuirsi: non c’è un giusto e uno sbagliato, c’è solo da farsi trasportare e godere il momento –augenblick– in cui ogni cosa diviene possibile.