La compagnia I Fabbricattori, con direzione artistica di Enrico Brignano, il 7 ottobre ha portato in scena al Teatro Golden la scoppiettante commedia Anche i santi giocano a Poker. Un grande successo di pubblico per una grande causa: il ricavato dello spettacolo è stato devoluto all’associazione Arte nel Cuore.
Anche i santi giocano a Poker
Scritto da: Alessio Moneta, con Pasquale Bertucci, Nazzareno Mattei, Enrico Patella
Interpreti: Pasquale Bertucci, Enrico Patella, Marco Todisco, Michele Marra, Alessio Moneta, Lorenzo De Luca, Mattia Pallante
Regia: Maria Letizia Gorga
Produzione: Lazio In Scena
Costumi: Paolo Marcati
Direzione tecnica: Marco Pupin
Anche i santi giocano a Poker e il drammaturgo ci ha già fatto una promessa: azzarderà. Un mazzo di carte sopra un piano verde e una cerchia di credenti e creditori; sono i pokeristi, i personaggi della commedia di Alessio Moneta. I creditori quelli che vincono, i credenti quelli che perdono, ma credono che un santo li salverà. E se anche i santi giocassero a Poker? Se invece chi gioca a Poker divenisse un santo? È un gioco, sembra esser serio, eppure fa ridere. È il gioco delle perdite, il Poker, che fa ridere a giro i creditori. È la commedia dei contrari: una mano sulla tavola del passatempo e un occhio al girotondo; sulla scena, capovolgendo una tavola da gioco, si apre il cavo di una bara, per chi tempo non ne ha più. Ce l’avevano detto, che avrebbero azzardato.
Azzardiamo, ma prima scopriamo le carte. Mario De Gregorio –Pasquale Bertucci– è un giovane che vive con il nonno malato nell’appartamento di famiglia e se ne prende cura. Michele –Michele Marra– è il guardiano del palazzo. Bartolomeo –Marco Todisco– è il figlio del medico, vivace ragazzino. Enrico –Enrico Patella– è il fratello di Mario, che perderà il suo 50% della casa del nonno giocando a Poker, ma chiederà alloggio allo stesso. Antonio Bordero –Alessio Moneta– è il fortunato al gioco, che reclama la sua vincita con Enrico a casa del nonno. Er Caccola –Lorenzo De Luca– e Magno –Mattia Pallante– sono i creditori di Enrico, gli strozzini sensibili alla presunta morte del nonno. Sette attori, sette personaggi tra cui un narratore interno, che dal principio al buio scenografico finale si scambiano i ruoli inseguendo il girotondo di una metaforica partita di Poker, dove nessuno sa più chi è. Bartolomeo è l’unico a domandarsi chi sia realmente: il narratore, un personaggio, entrambi? Se lo chiede, insinua il dubbio negli spettatori, che si domandano la stessa cosa per gli altri sei personaggi. Essi sono l’uno, poi l’altro, poi ancora uno, di nuovo un altro: a giro, come chi gioca a carte. Invasi e invasori, narratore onnisciente e personaggio ignaro, santo e giocatore d’azzardo, criminale e uomo sensibile alla morte di un vecchietto.
Nel girotondo, ognuno gioca le carte che la sorte gli mette in mano, ma tutti, sempre, riuniti intorno allo stesso perno: colui che c’è ma non si vede. L’ottavo personaggio, non in scena, voce fuori campo: il nonno. Se questa è una schiera di giocatori, lui sarebbe l’arbitro della partita. Se è una schiera di santi, lui è Dio. Come Lui, non si vede mai, lo si sente a volte, ma solo per sventura, lo si venera o lo si paga per ottenere cose che si rivelano spesso delle illusioni, la sua presenza fa comodo ma lo si abbandonerebbe volentieri, molto spesso serve fingere che sia morto. In ogni caso, tutti dipendono da lui. Giocano tutti intorno al suo tavolo, dentro al suo casinò. Se lui diventa Dio, si diventa tutti santi. Santo D’Azzardo comanda, gli altri giocano, girotondo, seduti su un divano bianco che azzardano essere una nuvola. Dove tutta la commedia è sospesa.