Combinate cavaquinho, tabla, flicorno, djembe, dum dum, sabar, kora, oud con elementi più classici e sperimenterete uno stato di straordinaria euforia. Non stiamo parlando di una pozione magica per raggiungere l’estasi, ma dell’effetto della musica dell’Orchestra di Piazza Vittorio.
Il nome degli strumenti rende evidente la provenienza multietnica dei suoi componenti, che si sono ritrovati a Roma, nel quartiere Esquilino, dove l’odore di kebab, spezie indiane e cucina cinese pervade l’aria in modo pungente.
Mario Tronco e Agostino Ferrente, ingegnosi già nel tentativo di salvare lo storico cinema Apollo, dimostrano di esserlo ancora di più nel rivisitare, in modo creativo e brillante, i classici della musica. Il Flauto magico è un esempio estroso di questa singolare rilettura.
Messa da parte la struttura più ingombrante dell’opera mozartiana, rappresentata da misticismo e massoneria, viene dato maggior rilievo all’elemento fiabesco e meraviglioso, di settecentesca memoria, che ben si presta all’accompagnamento per flauto. La favola narrata dall’Orchestra di Piazza Vittorio non è tanto un pretesto per trasmettere contenuti educativi; essa lascia trasparire, piuttosto, l’aspetto più leggero, popolare e comico del racconto.
«Siamo in un paese lontano. C’è un ragazzo straniero; il suo nome è Tamino»: la voce narrante è affidata a un omone cubano, Omar Lopez Valle, vestito a mo’ di Napoleone, che entra dondolandosi al suono dei bonghi. Racconta la storia del principe Tamino che, accompagnato dal bonario Papageno, parte alla ricerca della principessa Pamina, figlia della Regina della notte e prigioniera di Sarastro.
La trama è, ovviamente, più complessa e ben si presta a spaziare tra i generi musicali più diversi, che ne sottolineano i passaggi più significativi, personalizzati dall’uso di jazz, rap, mambo, pop e da una valanga di energia. Alla spalle di questa ben fornita orchestra, divertente e variopinta, tre immensi schermi proiettano immagini fantasiose, vere e proprie girandole di colori, che prendono anche la forma del fotoromanzo rosa, rendendo tutto molto attuale e spiritoso. Di grande effetto, per la scenografia, gli acquerelli di Lino Fiorito. Oltre alla folta varietà delle lingue utilizzate per il canto, con arrangiamenti curati da Mario Tronco e Leandro Piccioni, a rendere tutto più favoloso intervengono i costumi di scena ideati da Ortensia De Francesco, riflesso di un mondo leggendario che pullula di personaggi bizzarri e simbolici.
E’ proprio la ricerca di leggerezza che fa sì che uno dei passaggi più coinvolgenti dell’opera rimanga l’aria della Regina della notte. Aria di magico, appunto. Meritano un cenno particolare l’assolo degli strumenti a fiato, il giocoso intervento delle tre dame agli archi, provviste di vistosi e stravaganti cappelli, la voce dolce e potente di Pamina. Ma ogni strumento contribuisce a portare una nota di brio al concerto. Le luci, poi, aiutano il pubblico a perdersi in un vortice di emozionanti suggestioni.
Si rimane deliziati da questa destrutturazione dell’opera, alleggerita e reinterpretata in chiave contemporanea, e travolti dalla forza che sprigiona questo mix multietnico di musicisti-trasformisti.
Mozart si sarebbe goduto lo spettacolo in poltronissima.
IL FLAUTO MAGICO SECONDO L’ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO
Dall’Opera di Mozart
Direzione artistica e musicale di Mario Tronco
Elaborazione musicale di Mario Tronco e Leandro Piccioni
Dal 22 settembre al 2 ottobre 2011, Teatro Olimpico di Roma
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