ARTE E FOTOGRAFIA: DUE SGUARDI A CONFRONTO SULL’ITALIA

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Le sale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna si trasformano nello scenario composito in cui la fotografia e la pittura dialogano, spiegando l’Italia secondo due punti di osservazione in continuo confronto. Conoscenza tecnica e immaginazione creativa si intrecciano in un panorama cronologico che raccoglie la storia delle arti visive dal 1850 al 2000.

Agli esordi la pittura mantiene la sua posizione privilegiata nel farsi mimesi della realtà, alla fotografia manca ancora un valore estetico autonomo, ma la distanza tra le due arti in pochi decenni si attenua e si chiarisce, grazie all’evoluzione tecnica e alle prerogative culturali ed esistenziali che consentono la nascita dell’uomo moderno.

Cogliere l’attimo fuggente racchiuso nell’esperienza visiva diventa un motivo per concepire la nuova realtà fotografica come spazio da esaminare e perlustrare: la Roma monumentale, il silenzio rigoroso della campagne padane e lo sguardo scuro di una bambina siciliana, diventano duplici protagonisti nel percorso di ricerca di artisti e fotografi, come Giacomo Caneva e Wilhelm von Gloeden, muovendosi nella direzione di un’autonomia reciproca, che dovrà aspettare il Novecento inoltrato per potersi risolvere in una soluzione pacificata.

A fine Ottocento il dialogo diviene più serrato, la fotografia inizia a farsi strada nel panorama artistico italiano ed entrambe divengono lenti d’ingrandimento di una realtà composita, e spesso scomposta, quale l’Italia, divisa tra l’incentivo progressista delle Avanguardie e la resistenza conservatrice delle accademie, lentamente disposte ad aprirsi alle dirompenti influenze fotografiche e a concepirle come occasioni di effettivo apprendimento.

Diventano centrali lo studio della luce e la sua incidenza sulla percezione visiva, le inquadrature e gli effetti sperimentali sul movimento, propri del Fotodinamismo, ma soprattutto la nuova concezione dell’artista, in grado di cogliere l’istante irripetibile e tradurlo in un linguaggio nuovo. Di qui i tentativi di Medardo Rosso, che non solo consente alla tecnica fotografica di dialogare con l’arte scultorea, bensì alimenta il clima di indagine sulla realtà e la sua riproduzione, dando valore ai momenti successivi allo scatto, per mezzo di ingrandimenti, effetti di sfocato e uso nuovo del negativo come parte integrante dell’opera.

L’occhio del pittore e del fotografo condividono la necessità di selezionare il soggetto e scegliere le modalità con cui rappresentarlo, con l’obiettivo di trasmettere le possibilità che si nascondono oltre i limiti spazio-temporali dell’opera e affidare un luogo alla traduzione dell’osservatore, affinché completi l’opera d’arte attraverso la sua lettura.

Gradualmente i molteplici modi d’interagire delle due arti producono un sovraccarico concettuale, che il Pittorialismo prima e il Realismo magico poi, tentano di svuotare attraverso il ritorno alla purezza e naturalezza. La fotografia e la pittura diventano così contenitori di allusioni, a volte tradotte in chiave astratta, con l’obiettivo di tornare alla registrazione del reale attraverso i codici del contemporaneo.

Ed ecco che si giunge all’esplosione della sala centrale della galleria, che racchiude grandi opere di fine Novecento, in cui l’unione tecnica e concettuale diventa una prerogativa fondamentale nella definizione dell’autonomia artistica dei due linguaggi: Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali, Vincenzo Agnetti. Continua il confronto con tecnologie sempre nuove che interessano i supporti materiali, l’affinamento di composti chimici per la produzione di effetti innovativi fino ad arrivare al digitale che irrompe con forza nel panorama delle arti visive creando una dimensione ulteriore in cui si produce un nuovo incontro.

I quadri e le foto si alternano e funzionano insieme in un meccanismo che si arricchisce e si complica allo stesso tempo. L’artista a volte è anche fotografo, trae ispirazione dallo scatto di un altro, o semplicemente si confronta con le istantanee altrui, accorgendosi a posteriori di aver proposto la stessa tipologia di soggetti. L’influenza dinamica delle due arti si fonde in un risultato tutt’altro che univoco: il mondo attraverso la macchina fotografica, la scelta dell’occhio che le sta dietro rivela la consapevolezza di convivere nello spazio compositivo con l’occhio completamente libero del pittore. Le due prospettive accettano quindi di condividere un percorso che prende vita attraverso l’esperienza personale della produzione creativa e della sua carica emotiva, per arrivare alla realizzazione materiale dell’opera, che aspetta solo una risposta dall’osservatore.

ARTE IN ITALIA DOPO LA FOTOGRAFIA 1850 – 2000

Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, 21 dicembre 2011 – 4 Marzo 2012

foto Il violoncellista, Anton Giulio Bragaglia, 1913

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