di e con Ascanio Celestini 28 Marzo, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Roma
Urlare le più cupe verità senza alzare la voce, far riflettere senza intonare una predica, lasciare un senso di malinconia facendo sorridere, portare a guardarsi dentro e a porsi tante domande senza psicoanalisi: sono queste le capacità e le caratteristiche del poliedrico Ascanio Celestini.
L’artista romano ha presentato al Teatro Biblioteca Quarticciolo lo spettacolo Discorsi alla Nazione, un testo che può definirsi universale perché parla, più che della politica, dell’animo umano e delle sue contraddizioni. Le verità che porta sulla scena Celestini sono ancora più atroci perché declamate con quella sua semplicità e trattate con quella sua tipica inevitabilità.
Celestini è già in platea mentre gli spettatori si sistemano sulle poltrone di un teatro sold-out; conversa con il pubblico e in sottofondo si ascoltano come un brusio frammenti di discorsi declamati da personalità politiche e non. Sul palco il suo inizio è in stile comico, accenna alla situazione politica italiana e spiega con ironia e battute folgoranti cosa si appresta a proporre.
Lo spettacolo vero e proprio inizia con naturalezza, lo stacco dal preambolo è graduale e perfetto. Le luci di sala si spengono e lui affida il suo monologo a quattro voci, quattro esemplari del genero umano che parlano del tempo pur di non parlare della guerra civile, individui che compiono gesti tremendi volti a sopraffare cittadini di rango inferiore. Il tiranno, acclamato a gran voce per porre fine alla guerra civile, compare nel finale e intona il suo discorso populista e demagogico vomitando la sua inevitabile verità: ogni suddito è lo specchio del proprio tiranno, ogni vittima è l’equivalente del proprio carnefice.
Celestini è geniale, folle, arguto e tagliente, un bravissimo attore e un abilissimo autore. Riesce a far ridere senza volgarità e a far piangere senza pietismi. Ogni suo spettacolo è un esperienza da vivere assolutamente.