Il quartetto di Belfast And So I Watch You From Afar torna per la seconda volta a Roma giovedì 4 aprile sul palco del Traffic, scatenando come la prima volta l’entusiasmo del pubblico.
AND SO I WATCH YOU FROM AFAR + GALLOPS + RUICOSTA
Artisti: ASIWYFA
Dove: Traffic Club, Roma
Quando: 4 aprile 2013, h 21.30
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Visi timidi e irsuti; abbigliamento tipico di chi si trova spesso a dover fuggire dagli scopettoni di qualche casalinga derubata di una torta fumante o dalle cariche dei poliziotti all’uscita dello stadio; compagnoni, rossi di pelo (quasi tutti). Il quartetto di Belfast And So I Watch You From Afar, nella sua seconda volta a Roma sul palco del Traffic, come la prima volta scatena una energia math-core senza fronzoli, fatta di movimenti goffi e sconnessi, di urla goliardiche e impastate dalla molteplicità dei timbri differenti – o forse dalle bevande a base di luppolo.
L’entusiasmo virale suscitato dalla loro precedente esibizione romana, ha attirato un pubblico fitto, popolato anche di forestieri e addirittura di qualche turista dall’aria vagamente british in vacanza nell’urbe. In apertura: i Ruicosta, certamente penalizzati – quanto al calore del pubblico – dall’essere gruppo di apertura in una serata infrasettimanale; e i gallesi Gallops, altra band math-rock dalle influenze elettroniche di chiara ispirazione battlesiana – con un batterista altrettanto invidiabile – che gli ASIWYFA hanno deciso di portare come guest nel loro tour europeo.
Ho avuto cura di guadagnare una postazione di avanguardia, privilegiando l’impatto emotivo dato dai decibel esagerati più che l’ascolto riflesso. E non sono rimasto certo deluso dalla prestazione dei quattro irlandesi, che hanno condito la loro scaletta con pochi accenni al loro bellissimo primo album self-titled del 2009 (tra tutti la bellissima The Voiceless) preferendo invece lo stile più autenticamente math dei due dischi successivi, Gangs e All Hail Bright Futures. Nonostante quest’ultimo sia uscito solo una settimana fa, le scelte melodiche e ritmiche particolarmente schiette – costruite sulla base del comandamento (non sempre adempiuto da molte bands di questo ambiente) “incidi su disco solo ciò che puoi riproporre integralmente live” – sono state ripagate con una sorta di imprinting immediato nel pubblico, per cui ogni motivo musicale diventava all’istante familiare, come se tutti i presenti fossero parte di una nuova etnia accomunata da una tradizione musicale secolare.
Questo particolare clima di vicinanza è stato sottolineato dalla stessa band nelle parole di Rory Friers (alla chitarra), che nella pausa tra un brano e l’altro intenerisce tutti dicendo qualcosa come: “we’re far from home, but it feels like home…”.
Le contusioni rimediate in seguito alla mia ostinata permanenza sottopalco, hanno però avuto un’altra ricompensa positiva: nel finale dell’ultimo brano in scaletta, tra i feedbacks degli ampli e le rullate conclusive del batterista, Niall Kennedy (altro chitarrista della band) mi lancia la sua chitarra facendomi segno di suonarla, mentre lui si divertiva come un bimbo a modulare il suono tramite i knobs della sua pedaliera galattica. Non potrei trovare conclusione migliore a questo pezzo sulla performance degli ASIWYFA, se non il gesto che ha posto fine all’aneddoto che mi ha visto protagonista: BRO-FIST.