© Giacomo Citro
Compagnia Atacama | Come un bambino abbandonato nello specchio dell’armadio Ideazione, coreografia, regia Patrizia Cavola – Ivan Truol
Con Valeria Baresi, Ilaria Bracaglia, Gennaro Lauro, Valeria Loprieno, Cristina Meloro, Sabrina Rigoni, Marco Ubaldi
Musiche Originali Epsilon Indi
Costumi Medea Labate
Scene Giulia Trefiletti
Luci Danila Blasi 30, 31 maggio e 1 giugno Teatro Tor Bella Monaca, Roma
Uno specchio-armadio al centro della scena è l’elemento attorno a cui ruota lo spettacolo di teatro-danza Come un bambino abbandonato nello specchio dell’armadio di Patrizia Cavola e Ivan Truol, liberamente ispirato dal romanzo Diario di un corpo di Daniel Pennac.
Uno dopo l’altro i sette performer irrompono sulla scena, ognuno con la sua gestualità peculiare, ognuno col suo modo di ri-flettere non solo le proprie sembianze fisiche ma soprattutto l’immagine di se stessi. Davanti allo specchio – sorta di autocoscienza – ammiccano alle proprie imperfezioni, toccandole, deformandole, mettendole in risalto, studiandole per esorcizzarle. Ogni corpo ha caratteristiche che lo rendono speciale, ma al contempo tutti i nostri corpi possono essere ricompresi in quell’ironico elenco di parti come sedi e motori di sensazioni e stati d’animo, in un preciso meccanismo che alterna esperienza singolare e universale, rappresentato attraverso il continuo avvicendamento di assoli e situazioni corali sincrone.
La parola, che sia di uno dei performer o della voce fuori campo, è dialogo interiore che esplicita l’evoluzione dei gesti e delle scene. Sbilanciamenti, cadute, brividi, solletico sono esercizi motori ed emotivi che consentono ai performer di riappropriarsi dei loro corpi riuscendo, tolti i costumi, finalmente a guardarsi ed a interagire soltanto a pelle.
L’indagine della Compagnia ATACAMA si dipana per contrasti: la catena di piccolezze, paure, fobie umane è controbilanciata dal circo di esibizioni giocose e prodezze del corpo che viene condotto ad essere vero e proprio corpo-teatro, scatola da cui possono uscire infinite meraviglie. L’armadio-specchio è la soglia da attraversare per arrivare a questa consapevolezza, meglio se in solitudine, quando a guardarci c’è soltanto il bambino che vi abbiamo abbandonato dentro.