di e con Tamara Bartolini, scene, luci, suoni e immagini live Michele Baronio regia Bartolini/Baronio canzone originale Ilaria Graziano collaborazione artistica Alessandra Cristiani assistente alla regia Antonio Cesari produzione Bartolini/Baronio e 369gradi co-produzione Sycamore T Company co-produzione/residenza Carrozzerie | n.o.t con il sostegno di Teatro Argot Studio, Teatro dell’Orologio, Kilowatt Festival, Ar.Té Teatro Stabile d’Innovazione, ATCL Lazio in collaborazione con Rialto Santabrogio / Ass. Il Moderno – Agliana / Kollatino Underground Stagione Congiunta Dominio Pubblico 28 Febbraio, Teatro Argot Studio, Roma
Una donna in bilico su un’altalena di gomma – che le cinge le spalle –, in equilibrio precario abbandona la testa all’indietro e incomincia la sua confessione, dopo che il pubblico si è sistemato. I suoi passi sono avvolti da delle scarpe rosse col tacco, simbolo della violenza contro le donne. Incerti e instabili, i suoi passi sono sempre regolati dalle due altalene in gomma, unici elementi scenici reali, che la tengono sospesa in disequilibrio e la sorreggono. L’immaginifico è riportato dietro di lei da delle proiezioni live. Anche il suo monologo è incerto, sempre in cerca dell’approvazione di chi la guarda, retoricamente affidata alla domanda: «Ti piace?» «Va bene così?».
Nessuna risposta è prevista dal pubblico. Il monologo scorre veloce, alternato a pause riflessive e descrizioni di sogni roboanti. La Bartolini ricorda gli elementi di rottura della sua vita, quelle cadute che l’hanno portata ad essere lì, rispolvera quegli istanti di dolore che a 4 anni, così come a 33, le hanno permesso di diventare ciò che è realmente.
La sua storia è un po’ la storia di tutti: la crescente consapevolezza e il decrescente entusiasmo dettato dall’età, i sogni e le necessità che variano con la maturità e la stanchezza. Gli inserti ironici sono momenti di accettazione delle debolezze e il non aver paura di mostrarle.
Tamara Bartolini fa un racconto spietato di se stessa: incubi, voglie, la relativa volontà di liberarsene utilizzando il processo artistico come redenzione ed elemento salvifico. Lo fa con delicatezza, con stile, con cura e con grinta, alternando momenti di tenerezza a momenti di riflessione, facendo sorridere e lacrimare. Una bellissima interpretazione, una regia accurata in un contesto originalmente semplice.