La scelta di registrare in acustico conferisce all’album un’atmosfera rarefatta, che conquista l’ascoltatore portandolo sul confine fra veglia e sogno. La collaborazione con il quartetto d’archi arricchisce e restituisce all’ascoltatore una piacevole ed intrigante sensazione, capace di trasportare verso l’evocazione di una emotività sottile.
Il disco si apre con una promessa di crescendo, portata alle orecchie da Io non compro più speranza, un brano interessante che lascia trasparire dalle note il bisogno di curiosità e contemporaneamente di far entrare l’ascoltatore nell’atmosfera intera dell’album, onirica e dalle tinte pastello sfumato. Fin dal principio viene messo in chiaro lo stile del gruppo, un rock pulito dai testi quasi autobiografici e soprattutto mutevole, che sa godere della veste rinnovata dagli arrangiamenti. Sulla cresta dell’ombra è la seconda traccia, che dà il nome all’album, che affascina per il groove beffardo unito ad una capacità di sospensione sonora che sembra quasi un suono attutito dall’acqua. E’ la terza traccia – Trincea – a stregare per l’intesa trovata fra il gruppo e gli archi, incontro che permette in questo caso la creazione di una ballata senza tempo che fa intravedere l’attesa perenne di qualcosa di indefinito, dal testo disilluso e disincantato. Il disco prosegue ed è convincente, ma vale la pena soffermarsi su Versa la mia testa, capace di diffondere un’atmosfera di contemplazione avvalorata dal suono inaspettato del flauto. Il gruppo si cimenta poi in una cover di Crosby, Stills & Nash, dove le voci si intrecciano alla partitura del pezzo. Samurai accompagna l’ondeggiare delle spalle, rigorosamente fatto ad occhi chiusi, mentre Precipito è un inno all’instabilità data da un disequilibrio emotivo, totalmente dipendente alle azioni di un altro da amare e che condanna spesso alla caduta libera, una delle tracce più belle del disco. Vorrei un déjà-vu è il secondo inedito ed è scandito dal suono ricercato della tastiera, che sembra quasi un riecheggiare lontano di campana in un’ambientazione nebbiosa. Sangue stasera ci conduce alla fine del viaggio, ed è un vero e proprio risveglio marcato, concreto nel suono e nella ritmica. Le suggestioni date dall’ascolto si risolvono in una contemplazione cruda della realtà, nel quale solo attendere è la risposta – ma in positivo, simboleggiata quasi dal suono di pianoforte.
Sulla cresta dell’ombra è un album ben fatto, capace di concedere un viaggio in un altro pianeta leggero e per niente stancante, e che lascia un piacevole bisogno di poter sentire la band suonare dal vivo, riscoprendo il piacere di essere circondati dal suono.