Berlinale 74 | The Devil’s Bath, di Veronika Franz e Severin Fiala

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L’horror psicologico The Devil’s Bath (Des Teufels Bad) degli austriaci Veronika Franz e Severin Fiala, che tratta del dogmatismo religioso e del tradizionalismo distorto che soffocano la vita delle donne contadine nella metà del XVIII secolo nell’Alta Austria, non riesce a raggiungere questo obiettivo.

Almeno in teoria, dovrebbe: l’ormai tipico ‘cinema dalla crudeltà estetizzata‘ del duo di registi austriaci appartiene alla scuola di pensiero dell’arthouse europeo che Lars von Trier e l’horror ‘elevato’ della A24 condividono: realizzare titoli di genere che vanno oltre il generare meri brividi da sabato sera. Ma a quale scopo?

The Devil’s Bath non è audacemente autocritico come lo è Lars von Trier in quasi tutte le sue opere; né è particolarmente stimolante dal punto di vista psicologico come i migliori horror prodotti o distribuiti dalla A24 finora.

È decisamente ben recitato, ricco di atmosfera — la fotografia di Martin Gschlacht ha vinto l’Orso d’Argento per la Miglior Fotografia al Festival di Berlino di quest’anno — e presenta una sequenza di apertura genuinamente inquietante che coinvolge un bambino che piange e una donna turbata che si ‘prende cura’ di quel bambino in modo piuttosto crudele.

Lo stile di Fiala e Severin è sempre lo stesso: ritmo dilatato, momenti di struggente bellezza alternati ad altri in cui sembra che l’inquadratura sia posseduta da uno spirito malvagio, un incubo che ti si siede addosso nel cuore della notte e ti toglie il respiro. L’ambientazione in costume, nell’Austria rurale aumenta l’angoscia, l’isolamento, la disperazione senza via d’uscita che vive Agnes e che viene trasmessa a noi senza fare uso di dialoghi esplicativi, ma solo tramite il volto, molto espressivo e sofferente, di Plaschg, e uno studio attento sugli interni spogli e lugubri e sugli esterni che ci raccontano di una totale indifferenza della natura per le minuzie della vita umana.
Nessuno verrà mai in aiuto di Agnes: non può sperare che i suoi compaesani la capiscano e non esiste alcuna presenza soprannaturale, benevola o malevola non ha importanza, in grado di alleviare il suo dolore.
A differenza di molti horror recenti, in cui l’intervento di ciò che il sistema patriarcale percepisce come maligno diventa al contrario salvifico, The Devil’s Bath non fornisce ad Agnes questa via di fuga.

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