Bianco

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Bianco, film di Roberto Di Vito, indaga l’orrore del quotidiano attraverso uno stile fortemente autoriale che sorpassa, includendoli, i “limiti” della cinematografia per intraprendere un percorso delineato dalla fortunata e interessante commistione di videoarte e onirico. Il film è uscito in dvd alla fine del 2012. 

Bianco, di Roberto Di Vito, Ita 2011, 73’

Uscito in dvd a dicembre 2012

Soggetto e Sceneggiatura: Roberto Di Vito

Musiche: Roberto Di Vito

Montaggio: Lorenzo Pazzi

Direttore della Fotografia: Marina Kissopoulos

Costumi e Scenografia: Valentina Troisio

Assistente Operatore: Tommaso Javidi

Aiuto Operatore: Anna Coppola

Produzione: Roberto Di Vito

Distribuzione: Cinekult, CG Home Video

Interpreti: Igor Mattei (Luigi Mariotti), Giovanni Piccirillo (Brando), Massimiliano Fedeli (Leo), Claudia Borioni (Ragazza dei Sogni), Rita Carlini (Ragazza del Passato), Monika Malinowska (Hostess Polacca), Alessandro Rossetti, Mariaclaudia Moretti, Daniel Guizzi, Marika De Chiara (amici nel bosco)

Mattonelle bianche scompaiono velocemente per far posto a immagini di vari loci amoeni. Di sottofondo una musica celestiale ed estatica porta queste stesse immagini a sorpassare il puro stile cinematografico per entrare nel mondo della videoarte, delle proiezioni oniriche e della loro intima fusione. Vediamo una pozzanghera all’interno della quale cadono delle gocce d’acqua e sentiamo una voce off che afferma: «Mi senti Luigi? Ma non capisci? E’ ora di svegliarsi!» Qual è il lato oscuro della vita di ogni uomo?

Dove sono? Dove è? Luigi si sveglia. E’ immobile, imbavagliato, legato alle mani e ai piedi. Non ricorda cosa gli sia accaduto. Deve ricomporre. E insieme alle sue recentissime vicende comincia a ricostruire, attraverso balzi temporali, alcuni momenti del suo passato che ci mostrano la sua condizione finanziaria difficile e una situazione sentimentale intricata.

Ora ricorda. E’ stato rapito da due uomini che in realtà hanno preso la persona sbagliata. Luigi è un sosia o forse un alter ego. Non è stato semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato; lui è la copia sfortunata di un figlio di un ricco imprenditore, a cui, stando al parere dei rapitori, è identico. Luigi professa la sua innocenza, il suo non essere la persona che i due banditi stanno cercando e tuttavia questi non gli credono. Tutto il film si gioca su questo movimento di (non)-coincidenza tra il visibile, Luigi, e il doppio invisibile – quello della sua copia, quello della sua psiche – che ha il suo apice nell’incontro onirico e spiazzante con il proprio sé materializzato. La suspense tocca picchi interessanti fino al momento in cui l’invisibile reale si presenta su un giornale. I due banditi hanno preso un granchio e non gli resta che lasciare libero il giovane ragazzo.

Ma la libertà nel film va oltre la condizione morale, per assumere una connotazione decisamente esistenziale. Nessuno ha cercato Luigi durante la sua scomparsa e dunque siamo preparati di fronte a ciò che accadrà nella scena/scelta finale. L’attesa della liberazione si trasforma in decisione pensata.

Con una sceneggiatura minimale, Roberto Di Vito ci regala un horror psicologico raffinato che penetra sottilmente le regioni più nascoste della psiche: il continuo correre di Luigi nei suoi ricordi evidenzia come la fuga possa configurarsi non soltanto come un processo di andata, ma anche come un ritorno. Il film non punta semplicemente a narrare una storia, ma, attraverso lo stile del regista, lavora sulla forma cinematografica facendola interagire intelligentemente con la stessa trama e approntando così le basi per una vera estetica della relazione forma-contenuto.

Bianco. Tutto è bianco. L’iperpresenza del colore neutro, in cui si raccolgono e si cancellano tutti gli altri, nel vestito senza una macchia di Luigi, nella costante freddezza delle mattonelle della stanza in cui è rinchiuso, non ci permette di distinguere tra realtà e finzione dei momenti passati da Luigi; alle immagini della sequenza finale è lasciato lo status di fuga verso una condizione onirica o forse, semplicemente e drammaticamente, verso il riconoscimento di una non effimera disperazione esistenziale volta a un’empatica solitudine dell’ego che riacquista tutte le sue sfumature policromatiche.

Dove sono? Ma soprattutto, chi sono? Forse sono un ni-ente alla ricerca di un locus amoenus finalmente trovato in un anfratto sconosciuto e silenzioso del mondo. 

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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