Titolo originale: Bringing up, Baby
Regia: Howard Hawks
Sceneggiatura: Dudley Nichols, Hagar Wilde
Fotografia: Russel Metty
Montaggio: George Hively Musiche: Roy Webb
Produzione: RKO Radio Pictures
Cast: Katharine Hepburn, Cary Grant, Charles Ruggles, Walter Catlett, Barry Fitzgerald, May Robson
Paese: USA 1938
Durata: 102’
Tenera, mirabolante, sgangherata commedia romantica, che molto ha da insegnare e da far riflettere su cosa sia e da dove nasca la sostanza di ciò che generalmente definiamo comico. Lui, metodico e noioso paleontologo di nome David Huxley (Cary Grant), alla vigilia di un’importante donazione per il suo museo nonché delle proprie nozze con degna compagna, sua simile, s’imbatte in Lei, Susan (Katharine Hepburn), la Susanna del titolo, giovane fanciulla ricca e viziata, da cui volente o nolente, non riuscirà più a separarsi.
La ragazza, meravigliosamente svampita e inarrestabile, si innamora dell’uomo a prima vista, perdutamente, come fosse un soprammobile, e lo coinvolgerà in una fitta ed incredibile serie di rocambolesche avventure tra cui, solo per citarne alcune in ordine sparso, ereditare un milione di dollari, catturare un leopardo, finire in prigione, uscire di prigione, recuperare una clavicola intercostale di brontosauro, salvo poi distruggerne l’intero scheletro, mandare a monte un matrimonio e promettersene un altro.
Non si dà tregua al riso in questa strampalata, insolita commedia del regista Howard Hawks, uno degli iniziatori delle screwball comedy americane, ossia delle “commedie svitate” anni ‘30-‘40, made in U.S.A., del cui genere, lo stesso Hawks aveva già firmato in precedenza Ventesimo Secolo, che possedeva già tutti i crismi del settore. Nei copioni di questa tipologia di commedie, quasi sempre, si ritrovano, si fronteggiano, si detestano e si amano un Lui ed una Lei, disinvolti, ironici, preferibilmente eccentrici, a volte provenienti da classi sociali differenti, a volte no, che tutto possono o sembrano poter fare, salvo poi arrendersi ai diversi piani di una fortuna che li trae “a suo modo” in salvo. Si presentano così David e Susan nel film, una coppia di personaggi buffamente confliggenti, che pescano nel sofisticato, ma ne fanno anche una macchietta, diventando –a volte anche artificiosamente- uno la spalla comica dell’altro: uno dei due è lo sbaglio più grande per l’altro, ma anche la sua unica ancora di salvezza.
Indescrivibili le traiettorie delle vicende; non riassumibile la concatenazione di paradossi che porta i due giovani, con obiettivi apparentemente inconciliabili, a percorrere lo stesso cammino. Di pari passo vola il ritmo: serratissimo, non dà respiro, una scena tira l’altra e i dialoghi corrono via, veloci, frizzanti, colmi di battute, in una follia fin troppo frammentata, ma calibrata e coccolata, che strizza l’occhio ai tempi di cui è figlia: un’America tra i due grandi conflitti, che probabilmente chiede ad Hollywood bellezza e leggerezza. E di fatto la Hepburn e Grant in questo sono inarrivabili: lei, elegante oltre ogni tempo, irresistibile e ironica come poche altre attrici saranno poi, brilla di luce propria a prescindere dal bianco e nero; lui, inedito professore con occhiali, capelli squadrati e vestiti improbabili, inaspettatamente delizioso nel caricaturare l’atteggiamento pedante e troppo rigido di certi uomini di scienza. Sono volti e fisici come non se ne fanno più; ad essi è affidata l’interpretazione di una regia con l’argento vivo addosso, che anche in questa scelta mostra la sua genialità.
Rivalutato nei nostri anni, a dispetto degli scarsi successi di botteghino che riscosse quando uscì, Susanna! ci lascia un ottimo bagaglio scolastico e di studio: una rete quasi inesauribile di possibili situazioni comiche da manuale, un qui e un adesso da cui si può uscire solo generando un comportamento comico. A fine scena si precipita in una situazione più complicata o si scoppia in una fragorosa risata; ridere diventa quindi questione di attimi o, meglio, di fotogrammi. Il tutto è condotto con la prima e più importante arma della comicità ossia il corpo; difatti la recitazione è prettamente fisica: nessuno riesce a star fermo, si susseguono azioni, reazioni, capitomboli, corse -necessitate e non-, vezzi e bizzarrie corporali, schermaglie abilmente inanellate o inserite di sfuggita, suggerite o volutamente costruite per tutti i personaggi, dai principali a quelli di contorno, compresi i magnifici leopardi.
Una sapiente farsa che ci regala la dimensione di una lucida, ammiccante assurdità, di un caso, guardacaso, per nulla casuale!