Federico Bomba, direttore artistico di Sineglossa, presenta ai lettori di Nucleo Artzine una riflessione sul concetto di sconfinamento, interpretandolo alla luce del progetto Bioculture
Bioculture è un progetto artistico e di promozione del territorio di Sineglossa Creative Ground, una piattaforma in cui artisti, programmatori e studiosi immaginano e realizzano interventi culturali su scala locale e internazionale.
Nonostante la puntata pilota si avvalga di un fondo della Regione Marche, con Bioculture intendiamo sviluppare un meccanismo in grado di creare reddito per gli artisti al di fuori dei finanziamenti pubblici, senza snaturare la loro attitudine poetica e senza trasformarli in dipendenti di un’agenzia di comunicazione. Il nostro obiettivo è quello di dimostrare come l’eccellenza artistica possa creare economia e come possa essere quindi inserita all’interno del mercato, senza rinunciare alla ricerca e all’innovazione dei linguaggi e dei contenuti. Se Bioculture avrà successo diventerà un format sostenibile, grazie all’impegno economico di soggetti privati intenzionati a dialogare con i processi artistici per la promozione dei loro prodotti e servizi.
L’azione pilota prevede il coinvolgimento di sei giovani artisti, selezionati con una call pubblica, per una camminata di venti giorni nell’entroterra marchigiano. Lungo i sentieri meno battuti dalle ondate di industrializzazione gli artisti raccoglieranno i segni che risuonano maggiormente con la propria ricerca e li riconsegneranno al pubblico in un progetto artistico personale. Tutto il materiale prodotto verrà rielaborato e presentato in un e-book multimediale, che avrà una duplice funzione: in primo luogo, sarà lo strumento per l’internazionalizzazione nel Regno Unito di Terroir Marche, un consorzio di viticoltori biologici che si batte per la salvaguardia del paesaggio e per la produzione di vini che con orgoglio resistono al gusto dominante imposto dai mercati globalizzati. In secondo luogo, sarà il mezzo attraverso il quale chiunque, i turisti e i Marchigiani stessi, potranno ripercorrere in un secondo momento le strade battute dagli artisti di Bioculture, incontrando gli stessi agriturismi, gli stessi contadini, gli stessi produttori che li hanno ospitati per la realizzazione della residenza nomade. Le opere d’arte prodotte, sia quelle materiali, lasciate lungo i sentieri, che quelle virtuali, fruibili direttamente dall’e-book, permetteranno a chi lo desidera di rivivere l’esperienza di scoperta e di produzione artistica che ha caratterizzato la camminata, incentivando il turismo culturale responsabile.
Forse non è un caso che io abbia ideato Bioculture a partire da un trascorso (non concluso) da regista teatrale. Perché a teatro si impara a coordinare diversi artisti all’interno di uno stesso discorso, a montare le attitudini e le espressioni di ciascuno in una drammaturgia (più o meno) organica, per riconsegnarla al pubblico. Da qualche tempo, in ogni caso, mi sono stancato dei teatri come unici luoghi di rappresentazione. Un po’ perché a volte mancano di pubblico, un po’ perché spesso gestiti da chi non si pone domande oneste sul proprio ruolo, ma si lascia guidare da quelle imposte dai finanziamenti ministeriali.
Un progetto ambizioso come Bioculture può essere efficace solo se la rete di partner che la sostengono è stratificata e trasversale: non solo istituzioni culturali (Fondazione Marche Cinema Multimedia, Amat e Nottenera), ma anche esperti di comunicazione (Pepelab, Toni di Grigio e Social Media Team Marche) operatori del settore turistico (The Trip Mill, Viaggi e Miraggi Marche e Picenontheroad), amministrazioni comunali, strutture ricettive, associazioni di escursionisti e molti altri. Insomma, si tratta di coinvolgere l’intero territorio e di mettere in rete coloro che condividono le nostre stesse modalità di abitarlo, se vogliamo sperare che Bioculture possa camminare presto con le proprie gambe.
Un progetto culturale così socialmente stratificato ha il potere di cogliere i bisogni del territorio in cui si posa, leggendoli e indicando una terza via per soddisfarli. In questo modo la cultura assume un ruolo centrale nel racconto delle comunità e dei loro immaginari, oltre che nella produzione di reddito. L’arte torna ad essere contemporanea, dialogando con il proprio tempo in modo capillare, senza necessariamente semplificare i suoi mezzi espressivi, come a volte gli economisti della cultura sembrano suggerire.
Bioculture, dunque, è prima di tutto un tentativo di autodeterminazione e di svincolamento dalle logiche che ci hanno insegnato a seguire. Fosse anche solo per questo, è una sfida che vale la pena di essere affrontata.