Black – River to River Florence Indian Film Festival

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Black, film del 2005 del grande regista indiano Sanjay Leela Bhansali, ha chiuso lo scorso 16 dicembre al Cinema Trevi di Roma il River to River Florence Indian Film Festival, raccontando la storia di Michelle, ragazza sordo-cieca che viene riportata alla vera vita dal suo insegnante Debraj, e del loro intenso e complesso rapporto.

Black,di Sanjay Leela Bhansali, India 2005, 123’

Sceneggiatura: Bhavani Iyer, Prakash Kapadia, Sanjay Leela Bhansali

Produttore: Anshuman Swami, Sanjay Leela Bhansali

Fotografia: Ravi K. Chandran

Montaggio: Bela Sehgal

Musiche: Monty Sharma

Interpreti: Amitabh Bachchan, Avesha Kapoor, Dhritiman Chaterji, Mahabanoo Mody-Kotwal, Nandana Sen, Rani Mukerji, Shernaz Patel, Sillo Mahava

Il capolavoro del celebre regista indiano ha degnamente chiuso la bella manifestazione patrocinata dall’Ambasciata dell’India e dall’Associazione Italia-India, arrivata quest’anno alla XII edizione. Nel centenario dalla nascita del cinema indiano – Raja Harishchandra di Dadasaheb Phalke, il primo film indiano, fu proiettato il 21 aprile del 1913 al Coronation cinema di Bombay – il Festival è approdato da Firenze al Cinema Trevi di Roma.

«Gli alfabeti del mondo cominciano con A, B, C, D, E. Ma il tuo comincia con N, E, R, O…nero». Il nero è il punto di partenza di Michelle e della sua personale parabola che dal buio e l’oscurità giunge alla luce e alla conoscenza grazie all’aiuto del suo Maestro Debraj Sahai. Quando le parole non possono essere ascoltate e i visi non possono essere guardati, quel che resta è il contatto: il contatto è il modo di comunicare di Debraj e Michelle, è un intreccio di dita lungo trent’anni, fatto di forza, pazienza e perseveranza, di scontri e di successi, ma anche di insuccessi – quelli che vanno maggiormente festeggiati. « Il tuo mondo non è nero, il tuo mondo è pieno di luce»: queste le parole di Debraj, che prende Michelle per mano all’età di otto anni e le dà una nuova vita, facendola nascere una seconda volta nel segno dell’autonomia, dell’indipendenza e della realizzazione personale, sempre certo del suo valore e delle sue capacità. Non proverà mai pena per lei, come il padre della ragazza gli suggerisce all’inizio del film, e per questo non ne avrà mai nemmeno pietà. Michelle viene trattata con dolcezza, ma all’occorrenza con grande durezza, con metodi – apparentemente – poco ortodossi, che tuttavia si rivelano efficaci e conducono ad esiti positivi. Dal canto suo Michelle sa ripagare l’impegno del suo Mae (Maestro), giungendo a traguardi insperati quando era ancora una bambina selvaggia e trattata con eccessiva condiscendenza: l’ammissione all’università, la laurea. L’happy end non è tuttavia contemplato, e in una storia tutta incentrata sul concetto – e l’impossibilità – del vedere, è proprio il fautore del miracolo che non ne può vedere i frutti. Per un paradosso del destino, Michelle – ormai donna – si trova davanti ad un Maestro anziano e affetto da Alzheimer, che non la riconosce e non ricorda nulla delle loro vite intrecciate. C’è un rovesciamento delle identità, del paziente e del malato, del bisognoso di cure e di chi le cure le offre: con la stessa dedizione che il Maestro aveva avuto nei suoi riguardi, Michelle si occuperà di ricostruire i ricordi nella mente di Debraj, dimostrando che l’affetto può muovere anche una memoria pietrificata e provocare momenti, seppur brevi, di lucida agnizione.

A contribuire al successo di Black è di certo il cast, in cui spicca l’icona del cinema indiano Amitabh Bachchan in una delle sue migliori performance: impagabile, comunicativo ad ogni livello e capace di aprirsi ad ogni possibilità espressiva. Più di tutto, tuttavia, il film riesce a toccare gli strati più profondi della sensibilità umana con un’incredibile delicatezza di toni, alternando momenti di grande comicità ad altri di estremo pathos, raccontando una grande storia d’amore, di un amore forte e semplice tra un Maestro e una ragazza che è allieva, figlia, missione a cui dedicarsi con totale abnegazione.

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