La sposa promessa

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In concorso alla 69° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, La sposa promessa uscirà nelle sale il 15 novembre 2012. Oltre all’anteprima del 29 ottobre 2012, il film è stato anche proiettato, alla presenza della giovane Hadas Yaron vincitrice della Coppa Volpi come Migliore attrice, domenica 4 novembre alla Casa del cinema di Roma, nell’ambito della settima edizione del Pitigliani Kolno’a Festival.

Lemale et ha’halal, di R. Burshtein, 90’, Isr 2012

Link al trailer, film in uscita il 15 novembre 2012

Sceneggiatura: Rama Burshtein

Produttore: Assaf Amir

Fotografia: Asaf Sudry

Montaggio: Sharon Elovic

Musiche: Yitzhak Azulay

Scenografia: Ori Aminov

Suono: Moti Hefetz, Aviv Aldema

Post Produzione: Tammy Cohen

Distribuito da: Lucky Red

Interpreti: Hadas Yaron (Shira), Yiftach Klein (Yochay), Irit Sheleg (Rivka), Chaim Sharir (Aharon), Razia Israely (Aunt Hanna), Hila Feldman (Frieda), Renana Raz (Esther), Yael Tal   (Shifi), Michael David Weigl (Shtreicher), Ido Samuel (Yossi), Neta Moran (Bilha), Melech Thal (Rabbi).

La sposa promessa/Fill the void – titolo originale Lemale et ha’halal – è l’opera prima della regista Rama Burshtein.

Shira è la figlia diciottenne di una famiglia ebrea ultra-ortodossa di Tel Aviv ed è la promessa sposa di un giovane della sua stessa estrazione sociale. In una comunità nella quale il matrimonio è, per una donna, una delle più grandi possibilità di realizzazione personale, Shira è felice ed eccitata per il sogno che si sta avverando. Durante la festività del Purim, la sorella maggiore, Esther, muore di parto mentre mette al mondo il suo primogenito, trascinando così la famiglia nell’angoscia e nel dolore e facendo sì che il matrimonio di Shira sia messo in secondo piano.

Tutto cambia quando a Yochai, marito di Esther, viene proposto di unirsi ad una vedova belga. Yochai ritene che sia troppo presto, pur sapendo che prima o poi dovrà prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di sposarsi di nuovo. La suocera, di fronte alla paura di perdere, dopo sua figlia, anche il suo unico nipote, propone un’unione tra Shira e il vedovo, mettendo così la giovane figlia di fronte ad una scelta: assecondare la famiglia oppure seguire i propri sentimenti.

Una comunità, come quella del chassidismo, per nulla scalfita dal cambiamento dei tempi. Le tradizioni di base regolano la vita degli ortodossi definendo ruoli e gerarchie: solo gli uomini possono studiare la Torah e le donne hanno un ruolo predominante come madri; il matrimonio è un obbligo, così come la maternità. Ogni congregazione ha un rabino capo che rappresenta la guida spirituale e pratica della comunità.

Sotto questi dettami, Shira, circondata da affetto e premura, deve affrontare un percorso interiore al confine tra la libera scelta e la silenziosa coercizione.

La sposa promessa non ha assolutamente niente a che vedere con il problema del dialogo tra il mondo religioso e quello secolare; il film è piuttosto uno spiraglio aperto attraverso una piccola storia complessa e speciale in una Tel Aviv mostrata pochissimo.

La pellicola è una sequenza d’immagini piene delle forme di quella cultura che grida le sue leggi in un religioso silenzio.

L’ illuminazione dei luoghi, i colori che distinguono nettamente gli spazi maschili e femminili, i toni morbidi, l’inquadratura che gioca su messe a fuoco alternate e i primi piani stretti, marcano il destino sommessamente delineato della protagonista, il cui personaggio è un insieme emotivo di delicatezza e dolcezza.

La storia, già dalla sua prima proiezione, è oggetto di discussione e interesse.

La bravura della regista sta nel raccontare la storia con un sentimento e una passione che lasciano lo spettatore emotivamente appagato.

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Redazione

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