Produzione Chapuling Film, Insolito CinemaÇapulcu: Voices From Gezi, B. Argentieri, C. Casazza, C. Prevosti, D. Servi, S. Zoja, Turkey-Italy, 60′
Presentato durante il CONTEST 014 presso il Nuovo Cinema Aquila
Poco più di anno fa fecero irruzione sui nostri schermi televisivi le immagini della protesta di Piazza Taksim, i gesti, le canzoni, le violenze della polizia, la resistenza dei manifestanti.
Come spesso accade nel nostro paese, all’improvviso opinionisti e sedicenti intellettuali si scoprivano esperti della Turchia, una nazione tormentata da un passato sanguinoso – quale nazione non lo è? – e tuttora segnata da contraddizioni e contrasti interni.
Tanto gli apologi del movimento – gli entusiasti della domenica, mai solidali con i nostri antagonisti – quanto i detrattori – ancorati a letture storiografiche datate, veicolate da testi accademici obsoleti – hanno contribuito all’offuscamento dello spirito di quella piazza, alla cancellazione della nuova soggettività politica in costruzione tra diversi settori della società riuniti per la prima volta “spalla a spalla contro il fascismo”.
Il documentario, attraverso interviste ad alcuni protagonisti degli eventi e il montaggio di video inediti filmati durante la protesta, è in grado di restituire l’urgenza di chi decise di esistere per la prima volta nella “zona franca” creata nel parco di Gezi e che, nonostante il pericolo concreto, scese poi in strada, dietro le barricate, per non darla vinta allo strapotere nato dal proficuo matrimonio tra politica e capitale. Attraverso le parole degli intervistati, giovani studenti, avvocati, architetti, è possibile ricostruire le motivazioni ecologiste del movimento – sorto da preoccupazioni non recenti suscitate da politiche di sconsiderata urbanizzazione – e il suo significato storico: l’esperienza di Piazza Taksim non è stata solo una parata simbolica, tanto sorprendente quanto inutile, ma un vero e proprio punto di rottura nelle storie dei partecipanti, un terremoto nelle coscienze, l’apertura di uno spazio ancora da esplorare. Ora tutti hanno una storia, una storia individuale e collettiva, una storia bagnata dal sangue e soffocata dai gas lacrimogeni. Tra la repressione e il clima di panico, a differenza di quanto riportato dai nostri quotidiani, le lotte non si sono fermate: nell’ultimo anno sono sces spessoi in piazza lavoratori e studenti, a difesa dei propri spazi comuni, delle minoranze oppresse, del proprio diritto a esistere contro la tirannia di una democrazia formale. Il piano di modifica urbanistica che vuole trasformare Istanbul e altri capolugohi in efficienti parchi giochi per investitori, a spese dei veri possessori della città, prosegue, mascherato e sostenuto da una retorica in grado di conquistare i più con i suoi ipocriti richiami alla tradizionale moralità. Lo spirito di Piazza Taksim non ha prevalso alle ultime tornate elettorali, ma vive nei bar, nei parchi, nella nuova e intensa circolazione di testi fotocopiati a mano che non si leggevano più da decenni. Ora, in Turchia, uscire di casa significa fare politica, parlare e mangiare insieme significa fare politica: ovunque è Piazza Taksim, ovunque è resistenza.