di Romeo Castellucci
regia, scene, luci, costumi Romeo Castellucci
testi Claudia Castellucci e Romeo Castelluccimusica Scott Gibbons
con Rascia Darwish, Gloria Dorliguzzo, Luca Nava, Stefano Questorio, Sergio Scarlatelladal 9 al 18 gennaio 2015 – Teatro Argentina, Roma
Dopo Go down, Moses potremmo fermarci e ragionare. Tentare di analizzare tutti i segni che ci sono apparsi. Potremmo addirittura trovare un filo… Mosè, la storia di un abbandono, la trasfigurazione della sua vita in ogni immagine, in ogni visione che Romeo Castellucci ci propone.
Potremmo mettere insieme tutte le suggestioni visionarie proposte per riconoscere il viaggio, attraverso la risonanza magnetica, di un io primordiale fatto di bisogni primari e da cui già parte, doloroso, il primo grido d’aiuto, indice di una schiavitù da cui l’uomo non riesce in alcun modo a liberarsi. Ma il segno evoca. E accanirsi nella ricerca di un senso sarebbe ingiusto verso un lavoro che chiede di abbandonarsi all’immagine. Potemmo allora decidere di naufragare in questi quadri visionari. Potrebbero, inevitabilmente, piacerci gli effetti: un SOS impresso con forza sul telo semitrasparente, che ci ha separato da tutto lo spettacolo, un rullo gigante che intrappola parrucche senza teste. Potremmo farci avvolgere dai rumori, dai rimbombi, dalle dissolvenze sonore.
Forse, però, con buona pace dei critici, scrivere di questo lavoro ci impone tutt’altro. Innanzitutto accettare la distanza che c’è tra il pubblico e il teatro di ricerca. Una distanza reale, una frattura, che si legge negli sguardi attoniti degli abbonati del teatro Argentina che, al termine, chiedono “ha per caso qualcosa da leggere su questo spettacolo?”. E, forse, nonostante le potenti immagini evocate sulla scena, chiedersi che senso abbia continuare a elogiare qualcosa che non arriva dall’altra parte, che non tiene il gancio con il pubblico se non quello alquanto ristretto degli addetti ai lavori.