L’art_core_gallery, nello storico quartiere di San Lorenzo, ospita, fino al 16 settembre, l’esposizione dell’artista Federico Cavallini, indagatore della realtà; le sue tele di 165×165 cm sono metafore di una domanda esistenziale: cosa c’è dietro il semplice, immobile e omologante mondo dell’apparenza?
LEAVING BEHIND
a cura di Silvano Manganaro
Artista: Federico Cavallini
art_core_gallery, Via dei Maruccini 1/1A
fino al 15 settembre 2012
L’art_core_gallery – con le sue sedie lineari e rigide, i tavoli scuri, le luci soffuse ma calde, protette in trasparenti lampadine agganciate al soffitto da un filo sottilissimo -, è il luogo d’incontro perfetto per comprendere il modo in cui, secondo Federico Cavallini, l’arte ci restituisce la realtà quotidiana.
La sua personalità artistica è la riproduzione e la manifestazione di un ideale, quello della ricerca spasmodica della verità della realtà. La caparbia volontà di entrare nella più intima interiorità del mondo si realizza attraverso un’odissea nel reale, fantasiosa e nostalgica, e Cavallini ne è l’artigiano plasmatore. Scomponendo e ricomponendo la materia grezza, risultante del materiale prelevato dai filtri delle asciugatrici della lavanderia Lucia e riassemblato in un pattern omogeneo, egli restituisce l’originalità delle cose. Quei residui, infatti, sono i simboli delle vite di diverse persone, che si sono incontrate per caso in quella lavanderia, inconsapevoli del lavaggio comune dei loro vestiti. Le identità sono ora immobilizzate nel quadro, come in una vecchia foto in bianco e nero. Il cotone dei jeans, la lana di un vecchio maglione dell’impiegato stanco, il filo lucido della giacca dell’avvocato: sono diversi, ma una volta inseriti nell’opera, diventano anonimi ed uguali come in un’infinita immobilità.
Questa massa omologata e sconosciuta si incontra solo grazie al quadro: a prima vista, l’azzurrino e il grigio del cotone centrifugato, così simile alla cartapesta per la sua compattezza e durezza, amalgamano e rendono statica l’intera composizione, come in una pittura cubista in cui è l’insieme dell’opera ciò che evoca ed esprime un senso compiuto; ma in quella vasta profondità e piattezza, avvicinandosi, trapelano i particolari: i fili colorati, i bottoni grandi e piccoli, un ditale giallo. Affiorano le vite, le intimità, l’appartenersi più proprio di quelle persone: un mio, un tuo e un suo, racchiusi in un opera d’arte.
La metafora è ormai chiara: l’artista paragona la vita dell’uomo nella società di massa e di consumo alla centrifuga della lavanderia che, mescolando e lavando, causa l’estinzione di ogni differenza. Ma ognuno di noi, ogni esistenza umana ha un particolare, un vissuto, un bottone, simboli di un’identità, di un’interiorità profonda e primitiva che non può essere cancellata: basta avvicinarsi ai particolari del quadro per riconoscerla e toccarla. Pur nella sua poeticità, evocata dalle ampie campiture di cotone scolorito e slavato, la mostra di Cavallini è un inno a cogliere, nel vivace e indaffarato esistere, ognuno di noi, la concretezza del vivere più proprio, espressi nelle opere dal particolare dei fili rosso e rosa. La tranquillità evanescente dalle composizioni nasconde dunque le nevrosi, le inquietudini e le emozioni di ogni uomo: solo grazie a ciò egli è la sua identità e si distingue dall’altro. La differenza, dunque, è nel dettaglio, in quell’al di là dall’apparenza, che una centrifuga come una società non può annientare, ma che, una volta colto e osservato, va custodito e protetto, immobilizzato.