Tre atti unici da Anton Cechov

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Guidati dalla brillante regia di Roberto Rustioni quattro attori mettono in scena tre spettacoli di Anton Cechov: Domanda di matrimonio, l’Orso e Anniversario. Nell’accogliente spazio del Teatro Biblioteca Quarticciolo, gli attori rivisitano i tre testi in un elegante pièce teatrale.

Tre atti unici da Anton Cechov
Ideazione e regia: Roberto Rustioni
Con: Antonio Gargiulo, Valentina Picello, Roberta Rovelli, Roberto Rustioni
Traduzione ed adattamento: Roberto Rustioni
Drammaturgia: Chiara Boscaro
Consulenza: Fausto Malcovati
Movimento e coreografie: Olimpia Fortuni
Produzione: Compagnia C/R – Fattore K – Associazione Olinda
In coproduzione con: Festival Internazionale di Andria Castel dei Mondi
 

20 novembre 2012 – Teatro Biblioteca Quarticciolo, Roma

Lo spettatore vede schierati sul palco quattro attori, due uomini e due donne, che nel corso dell’atto unico non abbandoneranno mai la scena. Nella realizzazione del primo testo, una donna nervosa, esuberante e incontinente vomita parole ricolme di pensieri sconnessi e frammentati sull’uomo che, in un articolato giro di parole, tenta di avanzare una proposta di matrimonio. Il colloquio, apertosi all’insegna di mani tremanti e corpi scossi da ansia e imbarazzo, esplode in un litigio frenetico, per rislversi infine con un ballo di coppia. Gli attori si spogliano sul palco, e grazie a una sapiente e istantanea versatilità entrano in altri abiti e vestono altri caratteri.

La seconda attrice, rimasta finora immobile su una sedia a fissare il vuoto, si muove al centro del palco proseguendo la danza interrotta dai due litiganti innamorati. Si tratta di un ballo sofferto, manifestazione di una perdita incolmabile: avvolta in un lungo abito funereo, tenta con movimenti impetuosi di dare voce al dolore provato non tanto per la morte quanto per il tradimento dell’amato marito. Rintanatasi dentro le quattro mura di casa, con l’olezzo di fumo attaccato alle tende e al cuore, fugge la vita esibendo il suo male di vivere come un trofeo. L’arrivo di un uomo a cui il defunto marito doveva dei soldi, scuote la donna dalla sua incontrastata tristezza. Solo dopo una sequela di insulti reciproci, i due si abbandonano, come la coppia precedente, a una danza aggressiva ma sensuale, che travolge il dolore e lo lascia – assieme al pubblico – sospeso e interdetto.

Ne l’Anniversario i personaggi si differenziano in forti, quasi eccessive caratterizzazioni: il direttore di una piccola banca riveste il ruolo di uomo tutto d’un pezzo, rigido e attento a salvaguardare le apparenze; alle sue spalle un contabile impigrito e violento che tenta inutilmente di far quadrare i conti illegali del direttore, soccombendo alle sue assurde pretese; la bella mogliettina alcolizzata conduce la geometrica precisione del marito a un inevitabile sconforto, grazie all’aiuto di una donna folle e disperata in cerca di soldi e disposta anche all’umiliazione pur di ottenerli. Le quattro voci si incastrano, si respingono, si sovrastano. Il risultato è un dipinto dell’assurda sofferenza quotidiana superata – o nascosta – da un cinismo quasi lirico, che inevitabilmente lascia allo spettatore un sorriso ironico e disincantato, scosso ma consapevole.

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Redazione

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