Arriva al Teatro Belli di Roma il riadattamento teatrale dell’omonimo film di Robert Aldrich. Il dramma delle bimbe prodigio poi cadute nel dimenticatoio è al centro di un’opera cruda ma autentica. Con un’immensa Sydne Rome.
Che fine ha fatto Baby Jane
Di: Lukas Heller
Riadattamento teatrale: Franco Ferrini
Con: Sydne Rome, Francesca Bianco, Fabrizio Barbone, Ashai Lombardo Arop
Scene e costumi: Maurizio Varano
Musiche: Francesco Verdinelli
Aiuto registi: Massimo Roberto Beato, Jacopo Bezzi
Assistente alla regia: Gabriella Casali
Foto di scena: Rosalia Loia
Regia: Antonio Salines
Dal 26 febbraio al 30 marzo 2013 – Teatro Belli, Roma
Jane Hudson è stata una bambina prodigio. Una di quelle bambine che, come Shirley Temple, incantavano la folla con la loro dolcezza e i loro bei boccoli biondi. Ma Jane aveva anche una sorella. Una sorella che con il passare del tempo ha saputo emulare e fare sua l’attività che presto ha mandato nel dimenticatoio Jane. Blanche, questo è il suo nome, è infatti arrivata al grande pubblico in età più adulta e maggiormente consapevole della sua arte e delle sue potenzialità. Crescendo, Jane ha perso il successo e a nulla sono valsi i suoi tentativi di ricostruirsi una carriera. Un declino inevitabile, mentre sua sorella ha continuato a essere amata e ricordata dalla tv.
Ma la carriera di Blanche è stata bruscamente interrotta, al suo culmine, da un incidente d’auto: lei e Jane, una sera, tornavano da una festa, entrambe ubriache. Alla guida dell’auto c’era Jane e, una volta arrivate a casa, mentre Blanche apriva il cancello, a Jane scappò il pedale della frizione: prese in pieno Blanche, che da allora vive paralizzata su una sedia a rotelle.
O almeno la versione dei fatti sembra essere questa. Forse è stato davvero così. O forse no. Mentre un odio latente sembra prendere forma da un momento all’altro: rancori, acredini, gelosie, invidie fanno parte della nuova dimensione delle due ex dive.
Jane odia Blanche perché il pubblico la ricorda ancora. È amabile e gentile, tutti la amano.
Blanche odia Jane perché è libera. Lei vive isolata nella sua stanza al piano superiore della casa. Una libertà che Jane si regala solo sorseggiando litri di vodka.
Il loro è un equilibrio fragile, basta poco, niente per spezzarlo per sempre. Jane è pazza, la gelosia nei confronti di Blanche la divora, così come la divorano i ricordi, quei ricordi agrodolci che rimandano a una bimba bionda, bella, ammirata. Dov’è ora Baby Jane? Dov’è andata? Dov’è finito quell’angioletto che cantava «I’ve writen a letter to daddy, his address is Heaven above?». Vestita dello stesso abito, ma vecchia e rattrappita, Jane continua a cantare, a ballare, sognando ancora un posto al sole. In pieno delirio, decide che è arrivato il momento di preparare il suo ritorno sulle scene, ma per fare ciò, non le rimane che un’unica scelta: sbarazzarsi di quel peso che ormai dipende completamente da lei. Ma le cose sono proprio così come appaiono? Jane è davvero carnefice e sua sorella è davvero vittima?
Da che parte sta la verità? Quali sono le prospettive?
Tratto dall’omonimo film di Robert Aldrich, il riadattamento teatrale di Franco Ferrini riporta sulla scena il sapore grottesco e inquietante del baratro in cui rischiano di precipitare le bambine prodigio. Se il film era nato come una sorta di j’accuse alla drammatica vicenda di Shirley Temple, anche lo spettacolo del Teatro Belli di Roma si fa portavoce di quel triste destino delle star cadute in un vortice infernale appena spente le luci della ribalta. Il risultato, riuscitissimo, è una tensione che tiene l’intera platea dall’inizio alla fine della, in un crescendo che culminerà nelle rivelazioni finali. Macabri colpi di scena fanno capolino e al pubblico diviene ormai chiara l’amara verità che mai nessuno è come appare.
Un riadattamento che merita un plauso speciale non solo per l’immensa interpretazione di Sydne Rome, ma anche per scenografia e musica che fungono da collante alla storia e che si permeano della sua stessa atmosfera.