In uno spazio grigio e metafisico, con porte che si aprono solo per richiudersi con maggior fragore, prende vita il romanzo di F. Kafka. La regia di Andrea Battistini porta Il Processo a vivere sul palco attraverso i dialoghi, le riflessioni e una scenografia che ne ripropone, in maniera efficace, le claustrofobiche atmosfere. La scatola scenica, resa angusta da un impianto che restringe lo spazio praticabile, si apre, attraverso sette porte, a un fuori scena che, però, resta inaccessibile al protagonista. K. (interpretato da Giovanni Costantino) è sempre in scena, “sempre nel posto sbagliato”, sempre nello stesso posto sbagliato, prigioniero di uno spazio che lo sovrasta e dal quale non riesce a distaccarsi.
“Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. Poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato”. I tentativi di rilevare l’assurdità di una condanna, giunta in maniera tanto inattesa quanto immotivata, non fanno che rafforzare il gusto sadico di ispettori e avvocati che sembrano divertirsi nel dire senza spiegare, tra deliberate omissioni e notizie date per scontate. Basterebbero due parole per discolparsi, forse basterebbe aprire gli occhi: invece K. fa il loro gioco. È colpevole perché si sente colpevole.
Ad incastrarlo è il tribunale della sua coscienza, severo e imperscrutabile più delle leggi esterne. La legge non ammette ignoranza e, anche quando questa si fa deliberatamente oscura e arbitrariamente applicata, l’obbedienza resta un precetto fondamentale, un atto di fiducia dovuto. K. è colpevole e basta, di una colpa che lo rende bello, più bello degli altri, come osserva il bizzarro avvocato (interpretato da un bravissimo Filippo Gili).
Aiutanti e accusatori, donne affascinanti (tutte interpretate da Raffaella Azim) e figure paterne severe (Totò Onnis) sono, forse, niente altro che tante proiezioni della mente del protagonista. I diversi personaggi sviluppano il loro percorso tra realismo e esasperazione, tra sogno e veglia, attraverso una recitazione che oscilla tra una chiave naturalistico-cinematografica e momenti grotteschi fatti di gesti ripetuti e tic esagerati, culminanti in un ballo inquietante di marionette prima del finale.
K. è colpevole e basta, di una colpa che lo rende bello, più bello degli altri, come osserva il bizzarro avvocato (interpretato da un bravissimo Filippo Gili). Aiutanti e accusatori, donne affascinanti (tutte interpretate da Raffaella Azim) e figure paterne severe (Totò Onnis) sono, forse, niente altro che tante proiezioni della mente del protagonista. I diversi personaggi sviluppano il loro percorso tra realismo e esasperazione, tra sogno e veglia, attraverso una recitazione che oscilla tra una chiave naturalistico-cinematografica e momenti grotteschi fatti di gesti ripetuti e tic esagerati, culminanti in un ballo inquietante di marionette prima del finale.
Lo spettacolo è prodotto in collaborazione con il Teatro Nazionale Moldavo. Gli attori italiani e moldavi hanno svolto le prove negli stessi spazi, vivendo un’esperienza di reciproco arricchimento, da cui sono poi uscite due versioni dello stesso spettacolo nelle rispettive lingue nazionali.
IL PROCESSO di F. Kafka
RtTeatro di Roberto Tony/Tauma srl in collaborazione con Teatro di Castalia
Adattamento e regia Andrea Battistini
Scene Carmelo Giammello
Costumi Stela Verebeceanu
Maschere Iurie Matei
Con Raffaella Azim, Giovanni Costantino, Filippo Gili, Totò Onnis, Alessandro Buggiani, Davide Pedrini
Bamboline Antonella Carone, Angelique Cavallari, Vittoria Fantini, Chiara Trivelloni
Dal 5 al 15 Gennaio 2012, ore 21 – Teatro Vascello – Roma