di e con Chiara Becchimanzi
con la voce di Beatrice Burgo
9 dicembre. Teatro Trastevere, Roma.
Il teatro è contenitore di storie. Quando il pubblico varca la soglia dell’edificio teatrale sa che entrerà in contatto con una di queste e con i personaggi che la compongono. Quanta più empatia sarà in grado di provare per tali personaggi, tanto più riuscirà ad assorbire il messaggio della storia.
Chiara Becchimanzi scrive, dirige e interpreta Principesse e sfumature – lui, lei e noialtre con zelante attenzione a questo principio, divenendo lei stessa protagonista della sua storia, semplice eppure pregna di sfumature come solo la natura umana è in grado di essere. In tal caso dunque possiamo parlare non solo di empatia, ma persino di identificazione con il personaggio. Inevitabile è il conseguente favore di pubblico, che riempie il Teatro Trastevere di irrefrenabili e fragorose risate. Di fatti, l’intento della Becchimanzi non è semplicemente ingraziarsi il pubblico, bensì farlo riflettere sul modello femminile della “principessa moderna”, e per farlo sceglie di utilizzare una chiave prettamente ironica – perché di riflettere c’è bisogno, ma se si riflette ridendo si riflette meglio.
Non vi sono particolari scenografie o effetti luce ricercati ad arricchire la scena: per una brillante rappresentazione sono sufficienti una donna e i suoi problemi, che paiono non avere soluzioni pratiche nonostante l’aiuto della psicoterapeuta – Beatrice Burgo – , di cui udiamo solo la voce. Il cammino che sta compiendo la nostra protagonista – di nome Chiara, come l’attrice, per sottolineare la veridicità degli aneddoti raccontati – è volto alla conquista della felicità. La felicità di una donna. Ovvero quella surreale idea di felicità propinata alle bambine degli anni ’80 in cartoni come Pollyanna o in dimenticate telenovelas come Topazio. Cosa accomuna le due eroine in questione? La rassegnazione e l’accettazione del sacrificio come unico compromesso per essere felici. Ovviamente la donna di oggi si scosta parecchio dalla figura di Topazio. Il nuovo modello femminile pare rispecchiarsi più in Anastasia Steele, protagonista del celebre 50 sfumature di grigio. E così da ragazza trasandata in vestaglia e pantofole, Chiara si scioglie i capelli e diventa improvvisamente femme fatale, mentre legge alcuni frammenti del romanzo in cui viene raccontata la prima volta dei protagonisti. Seppur lungo il momento-lettura, grazie ad un’ottima mimica espressiva ed a studiati “sbiascichi” di romanità, l’attrice riesce a catturare totalmente l’attenzione del pubblico, e condurla gradualmente verso l’argomento sesso. Servendosi di stereotipi e cliché, Chiara Becchimanzi inizia dunque a sviscerare pregiudizi, perversioni o desideri latenti che la società impone in qualche modo di reprimere. Storie d’amore, relazioni complicate o rapporti occasionali vengono gettati in un unico calderone che profuma di umanità. Uomini e donne non differiscono poi molto nelle loro insicurezze, aspettative e confusioni quando vengono messi a nudo, in tutti i sensi, privi della maschera sociale che li protegge.
Principesse e sfumature è un inno alla libertà, non solo sessuale, ma di essere individui uguali e diversi. Già da bambini, quando ci si ritrova automaticamente a giocare a principesse e cavalieri.
E invece perché non invertire i ruoli? Chi dice che una principessa non possa avere anche una spada oltre ad un bel vestito? O che un principe non possa ritrovarsi costretto su di una torre ad aspettare la sua amata? Salvare o essere salvati? Basta dare la possibilità di scegliere.
