Si fa presto a respingere quello che può turbare.
Essere catapultati senza ricordare il come e il perché in un ambiente che ti mette in guardia, essere trascinati da una biascicata curiosità e spinti da un disorientato disagio con prepotente forza.
Claudio Cintoli è questo: un ego trasbordante che riconosce il proprio demone che lo esalta tuffandosi cercando di riemergere dal baratro dell’esistenza.
La mostra documenta i differenti aspetti della produzione dell’artista, conosciuto anche con l’alter ego Marcanciel Stuprò. Essa parte dalla produzione pittorica che comprende i primi dipinti figurativi e informali, tele realizzate con tecniche miste, raffiguranti soggetti legati al tema della personalità artistica ossessionata dall’ambiguità tra vita e morte, libertà e costrizione, corpo e anima.
Soprattutto nelle ultime opere, concentrate sul dettaglio, i quadri prendono la forma del frutto rappresentato in un iperrealismo ossessivo, quasi disturbante e magnetico nel loro diventare immagini interferite di un telescopio, apparizioni di un sogno.
Le sculture della serie Nodi e Pesi Morti , frutto delle performance dell’autore, sono grandi corde che si collocano nello spazio aggrovigliandosi in modo serrato; esse convergono con sofferta forza in una forma caricata di un peso inestricabile.
Le produzioni di Cintoli che si confrontano palesemente con il tema della nascita e della morte trovano il proprio emblema e simbolo nella figura dell’uovo, su cui è segnata, in modo visibile, la prefigurazione della sua apertura, il disegno di una nuova esistenza.
La morte e la vita, la rinascita: Crisalide sono dodici minuti di attesa.
Cintoli chiuso in un sacco e in posizione fetale che si dibatte cercando di lacerare la tela per liberarsi. Una lama che crea un varco da cui la mano dell’artista fende l’aria lanciando e rompendo a terra un uovo, continuando, in un tempo ormai dilatato e caricato di angoscia, fino al momento in cui il sacco lentamente si libera di tutto il corpo, lasciandolo scivolare sul pavimento.
Il sacco allude al tema della rigenerazione, sottolineato dall’uovo che si rompe al suolo, metafora della creatività.
Aceldama è l’opposto, esso è una via crucis pagana composta da una serie di dittici costruiti da immagini che ritraggono il volto dell’artista imbrattato dal sangue mestruale ovvero l’ovulo espulso non fecondato, simbolo della negazione della vita.
Le citazioni dalle Sacre Scritture si mischiano alla provocazione, alla ritualità della vita segnata dal sangue e dallo spirito.
Per finire troviamo la documentazione dei murali realizzati nel corso degli anni Settanta e l’esposizione dei Diari dove vi si aggrappano appunti, disegni e giochi di parole, guide alla comprensione del pensiero e del procedimento operativo dell’artista.
Si fa presto ad essere attratti da questa figura che ha lavorato volutamente ai margini della società, sdoppiando se stesso e la sua immagine nell’atto di confinare la sensuale lotta con la morte.
L’IMMAGINE E’ UN BISOGNO DI CONFINE: CLAUDIO CINTOLI
a cura di Ludovico Pratesi e Daniela Ferraria,
MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, Sala bianca – Via Nizza 138, dal 21 giugno al 2 settembre 2012.