Claudia Catarzi | Qui e ora

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photo Manuela Giusto

photo Manuela Giusto

 

 

di e con Claudia Catarzi
produzione Company Blu
con il sostegno di Inteatro/ Polverigi, Contemporanea Festival/ Fondazione Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Centro Artistico il Grattacielo.
Vincitore dei premi: Emergenze!/ Fabbrica Europa 2013, Firenze, Corto in Danza 2013” Cagliari e della menzione speciale della giuria “MASDANZA/ International Contemporary Dance Festival of the Canary Islands”.
24 Aprile 2015, Teatro dell’Orologio, Roma
 

Un istante indistinguibile dagli altri, scolpito nello spazio interstiziale tra esterno ed interno, non sospeso né rarefatto, cancellato già nel suo svolgersi. In questo tempo atomizzato, dove la percezione è ampliata e i sensi estesi, come nella natura animale puramente istintuale, ha origine il magnetismo della presenza scenica di un performer, che sia un attore o un danzatore, che usi il linguaggio gestuale o verbale, l’arte della parola o del movimento. L’energia controllata implodente nel corpo o estrinsecata nello spazio, il corpo adibito a vettore direzionale di uno stato di coscienza indefinito, e per questo universalmente trasmissibile, risultato di una preparazione e di un allenamento costanti e derivanti da anni di esperienza: questi i lineamenti sui quali si basa la scrittura scenica degli a solo della danzatrice e coreografa Claudia Catarzi, la cui formazione vede la collaborazione con compagnie che hanno fatto la storia della danza di ricerca in Italia, come i Sosta Palmizi e la Compagnia Virgilio Sieni Danza, oltre a collaborazioni internazionali con compagnie quali Sasha Waltz & Guests, per citare la più recente.

Qui e Ora, a solo del 2011, riproposto all’interno della rassegna Eden connect the dots, è una pièce minimalista dove la drammaturgia si snoda attorno al corpo e alle sue potenzialità di movimento in relazione al dispositivo sonoro e al disegno luci contribuente al montaggio ritmico delle sequenze di cui essa è costituita. In una scena nuda, avvolta e poi spogliata di un trench impermeabile nel cominciamento, in silenzio e poi accompagnata da un tappeto sonoro originale del compositore Spartaco Cortesi, seguendo una partitura coreografica dinamica, orientata da linee geometriche perimetranti e attraversanti lo spazio, la danzatrice si alterna tra posture orizzontali e verticali con la frenesia di un serpente. Se la sequenza coreografica finale avviene in completo silenzio, terminando con la brusca uscita della danzatrice dal perimetro scenico, il suo preludio consiste nell’integrale riproduzione del brano The streets of Laredo di Johnny Cash, marcia funebre di una vigorosa tristezza che si imprime come l’apice drammaturgico della pièce pur rappresentando una scrittura parallela alla coreografia; i due elementi si accompagnano l’un l’altro, senza sovrapporsi.

La scrittura coreografica di Claudia Catarzi appare ben articolata e ragionata strutturalmente all’interno di un discorso drammaturgico rispecchiante la ricerca della qualità autentica del movimento e di una rappresentazione nella quale risulti fondante la materialità della scena. Il corpo è adibito a vettore principale di segni astratti e poetici, donati allo spettatore con libertà di montaggio e di decifrazione, mantenendo in primo piano la stupefazione per il dato istintuale e non-mediato dell’evento scenico.

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Autore

Redazione

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