foto di Valeria Tomasulo
Il sodalizio artistico della coppia Graziano&Forni ha prodotto il secondo album (in uscita oggi, 5 dicembre, sempre per la romana Goodfellas) che, presentato in anteprima al Teatro Studio, ha rivelato al pubblico profondità di scrittura e grazia esecutiva, a conferma di una qualità non comune, già ampiamente presente nel precedente album, acclamato come uno dei miglior esordi del 2012.
Dove: Auditorium Parco della Musica-Teatro Studio, Roma
Quando: 26 novembre 2012
Ascolta: Come 2 me
Prossime date:
8 dicembre Frammenti, Napoli
Ilaria Graziano: voce, ukulele
Francesco Forni: chitarre, banjo
La musica viene da una vecchia chitarra, un banjo, un ukulele, una cassa e l’intreccio delle due voci. Ballate crude e sincere che ricordano il percorso che ha portato alla realizzazione del primo disco, From Bedlam to Lenane, che ora diventa ricerca di una scrittura comune. La coppia litiga scherzosamente sul vero senso dei brani. Ricerca introspettiva, unione assoluta di simbiosi umana e artistica, apertura verso l’esterno, inclusione dell’altro: Come 2 me ha in sé molti significati. In chiave anglofona (Vieni da me) testimonia anche un incontro con se stessi: due me a confronto.
I brani vengono eseguiti nella stessa sequenza del disco “ognuno ha le sue manie” chiosa Forni. Filibusteria, Come, Io sono, le voci viaggiano tra acuti lucidissimi, dolci indolenze e scariche di felicità triste. Filastrocche soavi nel cantato blues in italiano. Is this the time, Giardini di rose, Il giro dell’oca, ritmiche care a Forni (Blue Venom Bar e On y va) che toglie la giacca e incede ispirato da quel blues da Spoon River: personaggi e situazioni surreali e poetici. Ci raccontano di giardini di pirati, foglie, esseri umani, paesaggi sognati o da sognare, lotte fiabesche e sorrisi. Panorami avvolgenti per sere autunnali solitarie. Spaghetti western e duelli ironici nelle numerose corde della coppia, all’ukulele lei “appena arrivato dal nord Italia” e al banjo lui, cui aggiunge anhe una seconda chitarra, così da diventare “meno agili per il tour”. Prendono la parola e ci svelano che durante un viaggio in un vagone vuoto hanno cominciato a scrivere e a comporre alcuni dei brani nuovi. Hand in hand, Dove siamo, l’alternanza tra inglese e italiano rende la performance molto dinamica e se nel primo album tendevamo ad essere per l’italiano, in questo nuovo lavoro è evidente la maturazione dell’inglese che si fa sottile, profondo, accenna, sussurra esplode e rende la performance potentemente dolce e sicura. Quando il ritmo, che avvicina beat sincopati anni ottanta a country filologico e una vena di malinconia trasforma il folk in pop, l’ascolto del pubblico è generoso e gli appalausi carichi di ringraziamento.
L’andamento del cantato in inglese di Ilaria Graziano, è decisamente superiore al precedente album, sia nell’uso della melodia che nei vocalizzi che alternano dolcezze neo folk e ruvidezze country. Ballate che tra sussurri e cambi di ritmo ricordano il De André più classico. Intrecciano le loro voci con una grazia che rapisce ma nei momenti in cui a cantare è il solo Forni il pensiero viaggia libero e pensi che è una fortuna che ci siano “uomini che sanno essere romantici” per dirla con le parole di Graziano. Siamo agli ultimi due pezzi, Red and blues e Chiudi gli occhi. Storia bellissima, classica, di magie e di incanti, di angeli e di cadute, la prima; su note irlandesi e con sorpresa di organetto e violino, la seconda è una ninna nanna “da non ascoltare in macchina la notte” che chiude il concerto.
Nei bis c’é spazio per le dediche, i ringraziamenti ed equilibri canori tra Gabriella Ferri come carica emotiva e un andamento da Mia Martini sorridente. Chiudono con la coheniana Love sails, scritta da Ilaria Graziano. Miss Ilaria e Mister Francesco, se uscendo dai cancelli dell’Auditorium, al posto del maneggio e delle auto parcheggiate ci fossero bufali, accampamenti, cavalli e cime innevate, non ci stupiremmo punto.
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