Dal 6 al 9 giugno 2013 al Nuovo Cinema Aquila di Roma si è tenuta la terza edizione di Contest – Il documentario in sala. Territori è stato il tema affrontato e Le libraire de Belfast è stato uno dei film in concorso, già premiato in precedenza al Festival dei Popoli.
Le libraire de Belfast, di A. Celesia, Fra/Gb 2012, doc. 54′
Soggetto e Sceneggiatura: Alessandra Celesia
Con: John Clancy
Montaggio: Adrien Faucheux
Fotografia: Ray Carling
Suono: David KilpatricK, Michael MoKnight, Simon Kerr
Produttore: Michel David, John Macllduff
Sullo sfondo di una Belfast del nuovo millennio, dal passato turbolento e con una popolazione passionale e sensibile, si muove, circondato da buoni amici, il protagonista John Clancy, anziano e simpatico libraio, di buon senso e dall’aria sognante.
L’odore dei libri, l’ambizione di farli rivivere e il sudore di farli arrivare ai lettori più affezionati sono le passioni che animano John mentre l’alcool e la dipendenza da esso sono i mostri che è riuscito a sconfiggere. Ha perso tutti i legami familiari, questo non gli ha impedito di continuare a condurre con serenità e dedizione la sua vita.
Tramite John conosciamo anche un rapper, un punk dislessico e un’aspirante cantante, tre ragazzi che impersonano quella parte della gioventù moderna, dubbiosa e alla ricerca di una propria strada da percorrere, per i quali l’anziano libraio diviene un valido punto di riferimento. «Non smettere mai di sognare!» è questo che raccomanda ad uno dei suoi giovani amici John invogliandolo a perseguire con costanza le proprie vere passioni. Esattamente come ha fatto lui che, dopo tanto perdersi, si è saputo ritagliare un suo angolo di mondo, fatto di libri, di conoscenze piacevoli, di riflessioni importanti, senza pretendere più di quel che desiderava con il cuore.
Alessandra Celesia racconta personaggi reali e per l’ammirevole tatto con cui li maneggia li fa quasi passare per i soggetti di un romanzo.
Il documentario è costruito con scene a tratti lente ma decise; la macchina da presa riprende momenti quotidiani, come una lavata di capelli, una pennellata di colla su libri vecchi da riparare, un canto lirico eseguito in privato, un pranzo solitario su un tavolino di un bar abbellito da un piccolo vaso con fiore. Tutte inquadrature che con tenerezza trattengono una storia, così come tanta poesia.
Con le modalità di ripresa utilizzate si entra in confidenza col protagonista e la sua intimità; a parte i dialoghi tra i personaggi, vi sono anche brevi scene poco parlate o per niente che non estraniano nemmeno lo spettatore più distratto ma, anzi, lo tengono fremente, pronto a catturare anche il messaggio più impercettibile intrappolato nei movimenti, nei cenni, nei respiri più lievi. L’anima della città di Belfast e alcuni sentimenti dei giovani del nuovo millennio, seppur siano trattati come sfondo, in realtà si impongono sullo schermo insieme al viso genuino di John. Il film, che si conclude con un pezzo cantato dall’amico rapper, regala allo spettatore un’emozione particolare lasciando sul suo palato il buon sapore della speranza, quella che vive in John e che egli vuole trasmettere ogni momento alla gioventù sua amica.