Intervista e traduzione simultanea a cura di Francesco Restuccia Con la partecipazione di Roberta Nicolai e Ludovica Marinucci presso Carrozzerie n.o.t. 14 febbraio 2015 MB#6 Nell’ambito di Singolare/Plurale un progetto di triangolo scaleno teatro per Roma Creativa direzione artistica Roberta Nicolai
In occasione del progetto Singolare/Plurale, si è tenuta l’intervista a Miguel Bonneville, artista visivo e performer portoghese, attualmente impegnato nel ciclo performativo A IMPORTÂNCIA DE SER.
In MB#6 l’operazione di Bonneville consiste in una decostruzione che rimonta i frammenti in una ricostruzione che non è mai definitiva. La sua non è una visione generale della donna ma un’analisi particolare su ogni donna.
Come emerge dall’intervista, tale indagine è iniziata con una riflessione su se stesso, sul proprio genere che egli vede come una gabbia; non una scelta, ma un’ingiustizia. Ora il suo intento è al contrario quello di andare oltre le differenze di genere in un clima di totale libertà di autorappresentazione.
In questa direzione, egli indaga e mostra il concreto e il conosciuto attraverso auto-narrazioni di persone reali e che conosce. La biografia/autobiografia diventa il suo modo peculiare di vedere gli altri, ritenendo che alla base ogni lavoro sia autobiografico. Importantissimo è il contesto – chi sono? Qual è il mio ambiente? – e per questo segue l’esempio filosofico di Simone de Beauvoir che si distacca dalla filosofia tradizionale e dogmatica, composta da intellettuali che parlano in generale e universalmente di visioni soggettive.
La sua formazione è da sempre stata improntata alla ricerca di una libertà di espressione personale che, partendo dal teatro e passando per la danza contemporanea, approda alla performance come esperienza creativa senza regole prestabilite.
In MB#6, sei donne artiste vengono intervistate, spesso con riprese riflesse nello specchio. Bonneville è il narratore delle risposte di queste donne, seguendo l’intensità e il ritmo delle loro voci: il montaggio delle soggettive è legato dal basso continuo della voce del performer. Attrici, danzatrici, registe ecc. rispondono a domande sulla loro adolescenza, sui loro legami affettivi e familiari, sulla loro religione, sul pensiero della morte; riflessioni che condizionano ciò che sono e fanno tanto quanto sono condizionate dal contesto in cui sono cresciute. Il performer nel narrarle si concede soltanto le pause lasciate dal silenzio delle donne; il suo riprender fiato è un rincorrere questi grandi temi spiegati nell’affastellarsi di esperienze singolari. I ricordi, sempre legati a persone precise, fanno emergere la difficoltà di rappresentarsi donna e di rispondere alla domanda singolare/plurale “cosa è una donna?”. Non resta che cercare tra le pieghe di queste auto-narrazioni, infinitamente rimodulabili e ricostruibili.