UN CORVO BIANCO CHE NON MANCA IN NESSUNA LISTA NERA

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Carl Schmitt è stato uno degli intellettuali più scomodi del Novecento, il volume di Stefano Pietropaoli, ricercatore in Filosofia del diritto all’Università di Salerno, si presenta come una “introduzione” al suo pensiero.

Quella di Pietropaoli non pretende di essere una nuova interpretazione del pensiero schmittiano e neppure una ricognizione dei numerosi studi che gli sono stati dedicati. L’obiettivo sembra essere un altro: offrire a chi intende accostarsi al pensiero di Schmitt un primo strumento per orientarsi nel fitto dedalo delle sue idee, in una prospettiva che, pur non essendo imparziale, non è tuttavia eccessivamente segnata da pregiudizi favorevoli o contrari.

La ricostruzione della figura di Schmitt proposta da Pietropaoli rispetta lo svolgimento diacronico del pensiero teorico del giurista tedesco, cercando il più possibile di inquadrare il suo pensiero,sulla base di riferimenti essenziali sia nei confronti della sua biografia che nei confronti dei diversi contesti storici, culturali e politici in cui egli ha operato. L’autore cerca costantemente di mettere in evidenza l’intreccio tra le idee di Schmitt e gli avvenimenti storici di cui egli è stato testimone e partecipe.

In sintesi, Pietropaoli rilegge l’intera produzione schmittiana cercando di fissare due punti essenziali: in primo luogo, Schmitt è sempre rimasto fedele alla sua figura di giurista, dello studioso di diritto;secondariamente, è difficile negare che la sua produzione sia segnata da una fondamentale continuità tematica. Se è vero che ha affrontato alcune delle questioni cruciali del pensiero politico moderno attingendo a una varietà di ambiti disciplinari diversi, Schmitt ha però sempre mantenuto un atteggiamento intimamente giuridico. Schmitt si è considerato un giurista e giurista ha voluto che fosse considerato.Per Schmitt tra diritto e politico c’è un nesso indissolubile la cui problematicità deve essere accettata, anche se non può essere risolta. In sostanza, il diritto è realizzabile soltanto attraverso il politico che, paradossalmente, nasce proprio dall’assenza del diritto.

In altre parole, Schmitt è sempre rimasto convinto che il diritto diventi reale solo attraverso la stessa violenza che lo nega, in una insopprimibile dinamica tra idea e realtà, tra assoluto e concreto, tra universale e particolare.

In conclusione, è indubbio che le riflessioni di Schmitt siano state un problema nel momento di massima crisi della modernità e che siano, ancora oggi, in un’epoca che per alcuni è ormai post-moderna, un problema. Questa introduzione si propone di aiutarci a comprendere se la riflessione di Schmitt possa aiutare a interpretare un mondo dove la tecnica non è più quella industriale ma quella elettronica, un mondo in cui le guerre non sono più riconosciute come tali e dove il potere non è più radicato territorialmente.

Schmitt

Autore, Stefano Pietropaoli

Casa editrice,Carocci editore, Roma 2012

 

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Autore

Rosario Rispoli

Mi sono laureato in Filosofia all’università la Sapienza di Roma, attualmente sono dottorando presso l’università Cà Foscari di Venezia. Oltre che al pensiero di Feuerbach, Marx e della filosofia classica in generale, negli ultimi anni ho seguito con forte interesse il dibattito filosofico contemporaneo. Appassionato di politica e di temi sociali, amo intraprendere lunghe discussioni. Email: ros.rispoli@gmail.com

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