Autore di Capitan Confusione (Music Valley Records), album solista d’esordio del cantautore – che è anche regista e attore – uscito giusto un anno fa.
“Molti mi chiedono: ma cosa sei tu, un regista? Un musicista? Un cantante? Un attore? Insomma cosa? Io non lo so, mi sento solo di dire che l’anomalia non sono io, ma il piattume generale di questo momento storico culturale, di questo sonnolente paese. D’altronde in pieno Medioevo è facile essere rinascimentali: basta nascere!” Leggendo questa frase durante il mio scouting settimanale e ritenendo che l’umanesimo sia alla base di qualsiasi fare o essere artistico, ho deciso di intervistarlo.
Qual è il tuo rapporto con la scrittura musicale? Di cosa ti piace scrivere e come?
La melodia. La musica arriva e le parole dietro. Come verità e fantasia, non riesco mai nel mio lavoro a distinguere le due cose. Perché si fondono e si confondono, s’ingannano tra loro, ma per me deve essere così, altrimenti cade tutto. E Capitan Confusione per un caso parla proprio di questo: nella nostra vita non esiste il netto, la chiarezza delle cose, perfino bene e male vanno sempre a braccetto!
L’altra tua vocazione è la cinematografia. Quali sono i punti di contatto e di distanza tra i due linguaggi in ciò che racconti?
Cinema e musica. Entrambi mi hanno folgorato immediatamente, e subito è stato come se non ci fosse più nient’altro intorno, come se nella vita non potessi fare altro. Il guaio (?) è che quando lo capii ero ancora al liceo e per questa mia assenza mentale, presa giustamente dai professori come sprezzante indifferenza, fui bocciato e ribocciato! Comunque ad oggi mi sono dato delle regole: quando suono non scrivo, e viceversa. E la cosa che mi conforta è che, se a un certo punto dovessi iniziare a sentire le voci, o a vedere la madonna di Loreto che mi saluta con la mano da sopra il frigorifero, ci saranno sempre delle cliniche meravigliose.
Quali sensazioni ti suscita Roma e in che modo entra, se c’entra, nei tuoi lavori?
Vivendoci da quando ho memoria Roma è ovunque nelle mie cose. Nel disco c’è perfino una canzoncina dedicata proprio a lei, si chiama Che te ne fai di me. E credo proprio che sia questo mio non essere romano ad aver sviluppato in me questo amore sconfinato per la città. Fellini – un altro non romano romanissimo – diceva che Roma è “un immenso cimitero, brulicante di vita”. Io la penso così! Per trecentosessantaquattro giorni all’anno puoi restare completamente estraneo a Roma come città, viverci senza vederla, o peggio, sopportarla con fastidio. Ma poi, ecco, sprofondato nei tuoi malumori fermo a un semaforo, all’improvviso una strada che eri sicuro di conoscere ti appare in una luce e di un colore come mai avevi visto. A volte invece è una brezza delicata che ti fa alzare gli occhi e scopri altissimi cornicioni contro un cielo di un azzurro da toglierti il fiato. Oppure è un’atmosfera sonora, una eco quasi musicale che ti vibra attorno magicamente in vasti spazi polverosi, disadorni, e tu avverti che si è d’incanto creato un contatto profondo, un sentimento di quiete che cancella ogni tensione. E’ come un altro senso del tempo, della vita, di te stesso, e della fine della vita, non hai più ansia né angoscia. Quando Roma ti raggiunge con questa sua antica malia, tutti i giudizi negativi che puoi aver dato su di lei scompaiono e sai solo che è una fortuna abitarci.
Se dovessi fare una previsione, come pensi che si svilupperà il tuo lavoro artistico, sia nel cinema che nella musica?
Le previsioni le lascio ai sempre meno presenti maghi da strada. Anzi perché i tarocchi nelle piazze stanno scomparendo? E’ solo una mia impressione? Mah… Io posso solo dire di sperare nella riuscita di questa mia scommessa, ovvero far coincidere la realizzazione di me stesso con queste mie due grandi “vocazioni”.
In conclusione rivelaci un tuo desiderio o augurio…
Ascoltate qui, è importante. Non importa se di un cane, di una ragazza o di un phon: innamoriamoci!