Cosmopolis

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Cosmopolis, 108’, Can/Fr/Ita/Por 2012

Regista David Cronenberg,

Tratto dal romanzo Cosmopolis di Don DeLillo,

Sceneggiatura David Cronenberg,

Fotografia Peter Suschitzky,

Scenografia Arv Grewal,

Montaggio Ronald Sanders,

Musiche Howard Shore,

Prodotto da Paulo Branco e Martin Katz,

Produttori esecutivi Gregoire Melm, Edouard Carmignac, Renee Tab, Pierre-Angie Le Pogam,

Una produzione Alfama Films, Prospero Pictures,

In coproduzione Kinologic Films, France 2 Cinema,

Distribuzione italiana 01 Distribution,

Interpreti Robert Pattinson (Eric Packer), Juliette Binoche (Didi Fancher), Sarah Gadon (Elise Shifrin), Mathieu Amalric (Andre Petrescu), Jay Baruchel (Shiner), Kevin Durand (Torval), K’naan (Bruta Fez), Emily Hampshire (Jane Melman), Samantha Morton (Vija Kinski), Paul Giamatti (Benno Levin).

«Il topo è l’unità monetaria».

Economia, sesso, esistenza. Direttamente dal Festival di Cannes arriva, nelle sale italiane, l’ultimo film di David Cronenberg. Cosmopolis è l’adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Don DeLillo, scrittore americano celebre per i suoi intensi, e quasi mirabolanti, dialoghi.

Ci troviamo di fronte a Eric Packer, giovane rampante dell’alta finanza mondiale, amante delle tele di Mark Rothko e sposato con una giovane poetessa frigida. In una Manhattan in preda alle proteste contro la crisi economica, soffocata dall’arrivo del presidente degli USA e dal funerale di un famoso cantante hip hop, Packer entra nella sua limousine bianca proustata – perché insonorizzata tramite del sughero -, dotata di qualsiasi accessorio ipertecnologico, con un solo intento: andare a farsi tagliare i capelli dal suo vecchio barbiere di famiglia. Ma Eric Packer è consapevole che, in realtà, qualcuno sta preparando un attentato contro di lui: in sole 24 ore la sua vita verrà sconvolta dal rischio di bancarotta, causata da una speculazione eccessiva su una moneta estera, e dall’incontro con il suo ex dipendente Benno Levin.

La prima parte del film è ottima, suscita angoscia attraverso i dialoghi fittissimi e al contrasto provocato da questi in rapporto alle proteste che imperversano fuori dalla limousine, in mezzo alla strada. All’asfissia dell’automobile – un vero ufficio per Eric Packer –, futuribile nel suo aspetto, ma sempre in ritardo nel conoscere gli avvenimenti accaduti nel resto del mondo, fa da contraltare il senso di smarrimento per ciò che sta accadendo un metro lì fuori. Qui all’elemento strettamente economico – Packer incontra nel suo ufficio mobile tutti i suoi più stretti collaboratori preoccupati per il possibile crollo finanziario -, Cronenberg unisce uno dei suoi temi centrali, quella della flesh, della carne, riformulandola in un’accezione sessuale – gli incontri nell’auto e in albergo con le amanti – e biopolitica – al miliardario, ogni giorno, viene fatto un check up medico completo -.

E se il sesso è visto come atto di purificazione, stratagemma della disillusione, il denaro, la stessa illusione, comincia a mostrare le sue crepe, evidenziando il rischio di una completa implosione di cui Packer sembra conoscere già l’esito a causa del suo essersi arrischiato in folli speculazioni: «Perché vedo delle cose che non sono ancora avvenute?».

E’ indubbio che la seconda parte del film perda moltissimo rispetto alla prima ed è piuttosto semplice paragonare la giornata di Packer con quella dell’Ulisse di James Joyce. Da notare è la capacità di previsione del futuro di Don DeLillo: il film, infatti, mette molta voglia di leggere il suo libro.

Tuttavia, il vero nucleo dell’ultima opera di Cronenberg si trova negli ultimi venti minuti di dialoghi esistenziali offerti da Robert Pattinson e da un ottimo Paul Giamatti, vestito nei panni di uno zombie economico senza futuro. La “creatura” Benno Levin è, in realtà, l’alter ego più astratto, meno pragmatico del golden boy Eric Packer – qui Cronenberg torna a un altro dei suoi temi più cari, quello del doppio -. Il quadro che si offre davanti a noi è quello di una comprensione dello sdoppiamento attraverso lo sviluppo di un pensiero dell’asimettrico, e dunque del reversibile proprio perché non sovrapposto, in cui la caduta di Icaro s’intreccia con una sua nuova possibile ascesa e in contrasto con l’idea di una realtà armonica.

Eric Packer: «Ho la prostata asimettrica».

Benno Levin: «Anche io».

Così lo spettro che si aggira per il mondo si aggira, prima di tutto, in noi stessi. L’homo oeconomicus facendosi corpo capitalista ha perso apocalitticamente il suo vincolo sensibile-carnale.

Benno Levin: «Tu dovevi salvarmi! ».

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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