Il 19 settembre è stato presentato in anteprima, presso il Margutta Digital, il documentario The Story of Film: An Odissey, presentato al Toronto International Film Festival 2011 e diretto Mark Cousins, regista nordirlandese e autore del libro da cui il film tratto.
The story of film: An Odissey, 900′, Europa/America/Asia/Africa 2005-2011,
Regia Mark Cousins
Scritto da Mark Cousins
Prodotto da Hopscotch Films
Distribuzione BIM Distribuzione
Link al trailer su www.bimfilm.com
In uscita in Italia il 25 settembre 2012
Sei anni di lavoro, quindici ore di documentario diviso in quindici episodi che cominciano dal 1895 e arrivano ai giorni nostri, partendo da Traffic Crossing Leeds Bridge (L. Le Prince, 1888) e arrivando fino a Inception (C. Nolan, 2010). L’impresa titanica di Mark Cousins è contemporaneamente, un dono da venerare per i cinefili incalliti ed eruditi, i quali possono passare in rassegna i quindici episodi pensando: «l’ho visto, non l’ho visto, l’ho visto, non l’ho visto…», e un validissimo corrimano per quei giovani che si avvicinano con entusiasmo e curiosità alla cosiddetta settima arte.
Il linguaggio semplice, diretto, chiaro, di Cousins si applica perfettamente a un ammirabile intento pedagogico che consente di unire, sia a livello logico-tematico che a livello estetico-formale, le immagini degli oltre mille film citati, da intendere come vere e proprie pillole di storia del cinema.
Due sono i capitoli visionati durante l’anteprima: il numero 5 1939-1952 – La devastazione della guerra e un nuovo linguaggio filmico e il numero 9 1967-1979 – Il New American Cinema.
Mentre il primo episodio si può definire un viaggio circolare, che ha il suo inizio e la sua fine nel neorealismo e nella sua capacità di modificare, mediante la profondità di campo, la detramatizzazione e la negazione del rapporto deterministico causa-effetto, il linguaggio cinematografico del dopoguerra rendendolo più cupo e meno romantico, soprattutto in quel di Hollywood – ed è indiscutibile che gran merito di ciò vada a Orson Welles, continuamente citato –.
Il secondo capitolo si deve considerare un’analisi puntuale del cinema americano contemporaneo e successivo al sessantotto. In quegli anni tre sono i filoni cinematografici principali che si oppongono e s’intrecciano con la tipica classicità del cinema che li precede: il filone satirico – F. Tashlin, R. Altman, M. Nichols –, quello d’opposizione – C. Burnett, M. Scorsese, F. F. Coppola, W, Allen, P. Schrader – e, infine, quello manierista – P. Bogdanovic, S. Peckinpah, T. Malick–.
The Story of Film ha la forza d’interpretare la storia del cinema mescolando, tra loro, temi paradigmatici, interviste a sceneggiatori e registi, pellicole esemplari e la temporalità plurale degli eventi storici. Il risultato è l’espressione e l’espansione documentaristica dell’occhio del Novecento: il cinema, un Ulisse sempre in viaggio che, tramite le proprie riproducibili peculiarità tecnico-artistiche, costruite su una ri-organizzazione (s)-oggettiva e non indifferente di storie, reali o finzionali che siano, e miti, tenta di andare oltre quelle colonne d’Ercole con cui è possibile raffigurare i suoi stessi limiti, a volte già superati, a volte ancora da superare.
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