Dal 28 settembre al 17 novembre, la galleria d’arte contemporanea Wunderkammern, ha ospitato le opere di Dan Witz, l’ erede della Street Art nata dai graffiti e dalla musica punk rock newyorkese. L’artista espone le sue opere nella città «dai muri fatti di storia».
Artista: Dan Witz
Titolo: Public and Confidential
Luogo: Wunderkammern, via Gabrio Serbellioni 124, Roma
dal 28 Settembre al 17 Novembre 2013
Nella New York del repubblicano Koch, che aveva deciso di attuare una linea dura nei confronti dell’arte urbana e della scena underground newyorkese, Dan è parte integrante di quel processo ancora inconsapevole che, con l’avvento di Internet, avrebbe dato alla Street Art forma di statuto artistico: la rivoluzione dei ghetti latino e afro americani diventava rivoluzione artistica ed entrava prepotentemente nell’immaginario e nella scena culturale della New York di Andy Wharol, Haring, Basquiat e Kenny Sharf.
E’ evidente che si rivela una contraddizione concettuale quando la Street viene rappresentata in galleria, se non fosse che, non solo l’artista ripensa le sue opere e le riadatta allo spazio chiuso museale, ma lo fa con grande senso critico, perché forse «da qualche parte qualcuno ha istituito una regola su dove possa o non possa andare? Nella Street art non ci sono regole, non c’è nessuna altra autorità, ed è per questo che mi piace così tanto, la gente può fare quello che vuole». Questo è ciò che permette di allestire una mostra come quella di Roma perché, come dice l’artista, portare la Street da fuori a dentro non costituisce «necessariamente un peccato o qualcosa di sbagliato».
Dan Witz lavora all’allestimento, decide dove collocare le sue opere, dove «far sedere il suo senzatetto», e invita noi tutti a cena: a essere fuori dal contesto originario non è solo la sua arte urbana, un po’ sporca e incasinata, ma anche lo spettatore che deve necessariamente instaurare un dialogo con quei volti che ci fissano dalle sue grate, dagli interstizi delle sue finestre e delle sue porte.
Non possiamo e non dobbiamo rimanere indifferenti, perché «fare Street Art significa fare attiva aggressione culturale, anche se questo non è detto che piaccia».
Trasportati in questa dimensione socialmente e politicamente impegnata, non ci resta che prendere posizione in un dialogo aperto e non vincolante: Dan è profondamente influenzato dalla teoria antiminimalista di Michael Fried, che aveva ridato centralità all’esperienza estetica libera ed intersoggettiva tra spettatore e opera d’arte. Dalla teoria al libero sguardo pratico Dan attira la nostra coscienza di fronte ad opere quali Willie Gas Mask Door, dove un uomo dietro ad una grata sembra rinviare ad una logica militare imperante e perversa , per poi condurci, in Amadon prisoner Necropolis, nel mezzo della lotta alla discriminazione razziale così come nelle attuali battaglie in Pussy Riot. London Grate o negli occhi socchiusi della ragazza con lo hijab in Monica N.O. Grate.
Tutta l’esperienza artistica di Dan Witz è attraversata da questa vena anti convenzionale, dalla sua capacità di riprendere tradizione, tecniche pittoriche del passato, tensioni artistiche atemporali per riorganizzarle in una forma nuova in grado di incarnare quella violenza che si respira nelle strade, perché, come egli stesso afferma, «così ho deciso di diventare un pittore tradizionale ma ribellandomi come faceva il punk rock e utilizzando quella libertà che vedevo nei graffiti sui treni».
Le immagini della violenza e della tensione urbana, del senso di soffocamento delle periferie e dei margini delle grandi città diventano parte di una comunicazione sovrastorica con l’intera cultura artistica occidentale: dall’iperrealismo nella cura dei dettagli di derivazione fiamminga, come si può osservare in Dogs Fighting, fino all’uso del chiaroscuro che lo lega indissolubilmente con l’arte francese dal seicento al novecento, da Georges de la Tour fino a Bresson come in Necropolis Door: Natascha, Necropolis Door: Nick and Monica e nelle due prigioniere legate in Necopolis Door: 2 Prisoners.
Dan Witz sa aprire ed educare, attraverso l’arte, ad una comunicazione universale con un pubblico interessato e pronto ad interagire e animare esso stesso la Street art da cui l’artista provocatoriamente muove.